Sono tornato da Baghdad da pochi giorni. E mentre le notizie dell'ultima strage contro i cristiani, con la bomba piazzata all'uscita della chiesa nel quartiere Dora e le decine di altre, povere vittime, fanno il giro del mondo, non riesco a non pensare a quanto sentivo ripetere laggiù: sono giorni tranquilli, troppo tranquilli, sta per succedere qualcosa.
Il barometro della violenza che si sviluppa nelle persone costrette e vivere come vivono gli iracheni non poteva sbagliare. E infatti il Natale di Baghdad è coperto di sangue: la bomba contro la chiesa, un'altra bomba in un mercato. Sono ormai 8 mila i civili uccisi in Iraq nel 2013 dalla violenza politica e settaria. E i cristiani, che erano un milione e mezzo nel Paese prima della cacciata di Saddam Hussein nel 2003, sono ora ridotti a un terzo. A Baghdad sono ormai pochi, gli altri sono scappati al Nord, nell'area di Mosul, o all'estero. Non pochi, per esempio, in quella Siria che da tre anni è preda di una feroce guerra civile.
Quanto avviene in Iraq, così come la situazione in Siria, è uno scandalo ripugnante che ricade per intero sulle spalle dell'Occidente e in particolare degli Usa. Pretestuoso fin dall'inizio, l'intervento in Iraq era assurdo nelle premesse politiche e mal concepito nella strategia, riarrangiata solo tre anni dopo l'inizio delle ostilità (con il famoso surge del generale Petraeus) e all'unico scopo di limitare le perdite tra i soldati americani. Con la Siria, l'intervento non è mai partito, nemmeno quando, nei primi mesi della rivolta anti-Assad, le parti erano chiare e si sarebbero potute salvare decine di migliaia di vite. Là si è preferito distribuire armi a casaccio, con il risultato di consegnare il Paese per metà agli sgherri di Assad e per l'altra metà a quelli di Al Qaeda. Per poi, ultimo colpo da dilettanti, fare marcia indietro qualche settimana fa, a disastro ormai acclarato.
Il fatto che Saddam e Assad siano stati dei dittatori crudeli non cambia le cose. Anche perché a buttare benzina sul fuoco della strage c'è, sia in Siria sia in Iraq, l'Arabia Saudita, uno dei più fedeli alleati degli Usa, grande finanziatrice dell'estremismo islamico e del terrorismo di stampo qaedista. I morti del giorno di Natale a Baghdad sono, anche, vittime della nostra miopia, dei nostri luoghi comuni, della nostra banalità.