“Indubbiamente, trovare un giocatore, oggi, che sia privo di creste e di tatuaggi, come Giacomo Bonaventura, è una rarità, ma chi ha superato una certa età, e osserva con molta diffidenza questi look esibizionistici, non deve dimenticare di essere stato giovane, e di avere conosciuto un altro tipo di stravaganza. Gli anni Sessanta-Settanta sono stati quelli dei “capelloni”, ed era difficile trovare qualche ragazzo senza i capelli lunghi, sulla scia dei Beatles.
Loro, in realtà, all’inizio, non erano affatto esagerati come i loro fans! Io mi permetto solo di essere scettico sui tatuaggi, perché, dei nostri capelli, possiamo fare quello che vogliamo: pettinarli, spettinarli, tagliarli, modellarli e colorarli.
Un tatuaggio, invece, resta fino alla vecchiaia, e magari esprime un sentimento, o un’idea, che siamo destinati a cambiare, in quanto le persone mutano continuamente, nel corso della vita. E allora, quel tatuaggio sembrerà una imposizione, e non una scelta, salvo ricorrere a dolorose rimozioni”.