Cristo dà la comunione agli apostoli . Affresco della chiesa Panagia tou Asinou (Nostra Signora di Asinou), Nikitari (Cipro).
"I Giudei si misero
a discutere
aspramente
tra loro:« Come può costui darci
la sua carne da mangiare?»".
(Giovanni 6, 52)
Origene, famoso scrittore cristiano di
Alessandria d’Egitto, nel III secolo doveva controbattere in un suo scritto
al
pagano Celso, che accusava i seguaci di Cristo di cannibalismo
proprio sulla base di
una serie di affermazioni contenute nel discorso tenuto da Gesù nella sinagoga di Cafarnao: «Se non mangiate la carne del Figlio
dell’uomo e non bevete il suo sangue, non
avrete in voi la vita [...] perché la mia carne è
vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Giovanni
6,53.55).
La stessa reazione inorridita
di Celso l’avevano avuta anche gli uditori
ebrei di Gesù, come nota il quarto evangelista nel passo che ora consideriamo.
Anzi, per loro la nausea era ancor più forte: “bere il sangue” era per gli Israeliti un
atto sommamente vietato, perché si considerava il sangue sede della vita (si spiega
così il rifiuto della trasfusione di sangue
da parte dei Testimoni di Geova). Come è
però facile intuire, Cristo intendeva un atto di natura non biologica. Infatti,
la locuzione “carne e sangue” nel linguaggio biblico designa la persona nella sua realtà storica.
“Mangiare e bere”, poi, non è solo il gesto fisico dello sfamarsi e del dissetarsi. In
tutte le culture il pranzo è simbolo di comunione e di intimità.
A questo punto è facile superare lo scandalo di un linguaggio così realistico e coglierne
il significato profondo, anche perché Gesù
adotterà il pane e il vino come espressioni
del suo corpo e del suo sangue. Infatti,
nell’Ultima cena il pane dell’Eucaristia sarà
da lui trasformato nella presenza reale ed efficace del suo corpo-carne, così come accadrà
per il vino riguardo al sangue. Il commento
che farà san Paolo è illuminante: «Il calice
della benedizione che noi benediciamo non
è forse comunione col sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo non è forse comunione
col corpo di Cristo?» (1Corinzi
10,16).
Nel discorso di Cafarnao, perciò, già
si prelude alla cena eucaristica che sarà consumata nell’ultima sera della vita terrena di Cristo e che verrà ripetuta nella storia “in memoria” di lui,
ogni volta che si celebrerà l’Eucaristia. Il «mangiare e bere la sua carne e il
suo sangue» è, dunque, un atto “spirituale”
reale, ma non brutalmente materiale. Con
queste parole Cristo invitava a entrare in unione piena con la sua persona attraverso la fede
e la comunione eucaristica, così da ottenere la
sua stessa vita divina e, quindi, la risurrezione e l’eternità beata: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io
lo risusciterò nell’ultimo giorno» (6,54).