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giovedì 28 settembre 2023
 

«Cattolica, convivo da 17 anni, ma per i miei figli i sacramenti non sono una farsa»

Rev.mo don Antonio, ho letto con molto dispiacere le due lettere su “convivenza e battesimo ai figli”. Le porto la mia esperienza di cattolica convinta e praticante, ma convivente da 17 anni. Le esperienze di vita fanno fare cammini talmente personali e intimi che non so come gli scriventi possano permettersi di esprimere un parere.

A volte si arriva a posticipare il sacramento del matrimonio a fronte di esperienze deludenti, false o traumatiche e non è sempre per superficialità o voglia di non impegnarsi; a volte è conoscere profondamente il senso di tale sacramento e il fatto di averlo già vissuto che induce una sorta di protezione e una scelta che solo apparentemente “non impegna”.

Anche noi, però, abbiamo fatto battezzare i nostri figli, l’ultimo scegliendo la domenica di san Giovanni Battista, il 24 giugno. Di tutti (e sono quattro) ricordo la data, l’ora e le circostanze; per tutti abbiamo scelto padrini e madrine in modo attento, testimoni di una fede autentica e vissuta più che predicata. Tutti gli anni ricordo loro tale evento nella data, come un compleanno.

Mai abbiamo pensato che la nostra convivenza potesse far intendere il sacramento dei nostri figli (non solo il Battesimo, ma anche in seguito la Comunione e la Cresima) come una farsa, una presa in giro o una scusa per far festa (cito). Il Battesimo è fare dono della fede, è far partecipi della Chiesa; nemmeno per un attimo abbiamo pensato di privarne i nostri figli solo perché noi non avevamo ancora scelto il matrimonio.

LETTERA FIRMATA

Grazie per questa testimonianza, che racconta dal vivo quello che papa Francesco scrive nell’esortazione Amoris laetitia a proposito della convivenza (n. 40). Egli ricorda che «viviamo in una cultura che spinge i giovani a non formare una famiglia». Molti «spesso sono indotti a rimandare le nozze per problemi di tipo economico, lavorativo o di studio». Ma anche per altri motivi, «come l’influenza delle ideologie che svalutano il matrimonio e la famiglia, l’esperienza del fallimento di altre coppie che essi non vogliono rischiare, il timore verso qualcosa che considerano troppo grande e sacro, le opportunità sociali ed i vantaggi economici che derivano dalla convivenza, una concezione meramente emotiva e romantica dell’amore, la paura di perdere la libertà e l’autonomia, il rifiuto di qualcosa concepito come istituzionale e burocratico».

Che cosa dobbiamo fare, allora? «Abbiamo bisogno di trovare le parole», risponde il Papa, «le motivazioni e le testimonianze che ci aiutino a toccare le fibre più intime dei giovani, là dove sono più capaci di generosità, di impegno, di amore e anche di eroismo, per invitarli ad accettare con entusiasmo e coraggio la sfida del matrimonio». Ti invito a pensare seriamente a tutto questo, cara amica. È vero che, scrive ancora Francesco, la forza della famiglia «risiede essenzialmente nella sua capacità di amare e di insegnare ad amare. Per quanto ferita possa essere una famiglia, essa può sempre crescere a partire dall’amore» (n. 53). Ma è anche vero che il sacramento del matrimonio, se vissuto nella fede, in unione con Cristo, dona una grazia ulteriore che aiuta a vivere le parole del giorno delle nozze: «Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita».


21 maggio 2021

 
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