È domenica pomeriggio, Milano tiepida. I dipinti di Fattori in mostra attirano, ma le sale sono piccole, si entra pochi per volta. La fila è lunga una trentina di persone. Quando il primo gruppetto passa, un drappello si avvicina e resta in disparte rispetto all'entrata. Appena tocca alla signora loro amica si accostano e provano a entrare con lei. Da dietro facciamo notare che non si fa. La signora un po’ piccata («Vebbè vabbè andiamo dietro») si avvia in fondo alla fila seguita dagli altri. Chi non si rassegna è il signore con i baffi, i capelli bianchi e l'impermeabile: la signora a suo dire stava aspettando per conto di tutti loro. Beccato a tentare la piccola furbata, invece di abbassare le orecchie s’inalbera e pretende di spiegare a voce alta e scocciata alla gente che aspetta che: «è da masochisti fare la fila ognuno per sé. Uno basta e avanza». Alla fine si arrende, ma resta convinto di aver subito un torto. L’idea che l’ultimo della fila abbia il diritto di decidere se restare o andarsene in base alla lunghezza dell’attesa nemmeno lo sfiora.
Coda all'italiana
8 novembre 2013 • 15:30




