Antefatto. Il presidente del consiglio Matteo Renzi, qualche giorno fa, rispondendo a Roberto Saviano, ha messo sul piatto cinque punti per il contrasto alla criminalità organizzata.
Caro Presidente del Consiglio,
nei suoi cinque punti pieni di buona volontà si parla di molte cose e di molte figure tutte importanti (giornalisti, commissario anticorruzione, scrittori, politici, imprenditori) ma quasi niente degli agenti delle forze dell’ordine. E si parla pochissimo di magistrati, relegandoli quasi al ruolo di coloro che ci fanno conoscere i fenomeni o di consulenti delle commissioni parlamentari. La cronaca quotidiana, però, s’incarica di ricordarci che le microspie nel tugurio che faceva da banca clandestina alla ‘ndrangheta non le mette la Commissione antimafia e neanche il commissario anticorruzione (per quanto meritori). Le mettono gli agenti coordinati dai magistrati. E le condanne, come quelle della sentenza Crimine confermate in appello qualche giorno fa a Reggio Calabria, le emettono giudici di cui nessuno magari ricorda i nomi, ma senza i quali non ci sarebbe nessun contrasto. Il loro problema semmai è che troppo spesso sono soli.
Caro Presidente del Consiglio, se crede davvero all’aggressione dei patrimoni mafiosi, se crede davvero al contrasto alla criminalità organizzata e alla corruzione – e noi siamo convinti che ci creda – badi all’essenziale: strumenti efficaci alle Procure della Repubblica e benzina alle auto della Polizia giudiziaria. Sono loro il vero commissario anticorruzione.
Sarebbe già moltissimo promuovere una volta per tutte la legge di una riga che serve a congelare la prescrizione all’inizio dell’azione penale o almeno all’inizio del processo come negli altri Paesi. Quella sola riforma, che costa niente e si fa in un minuto, basterebbe a scoraggiare l’interesse di chi teme una condanna a tirare in lungo i processi, sperando che sopraggiunga la prescrizione (tanti ricorsi mirati solo alla perdita di tempo verrebbero meno naturalmente). Non solo, si prenderebbe il merito di risparmiare un sacco di soldi, evitando lo spreco che quasi quattrocento processi al giorno morti prima di arrivare a sentenza comportano. Del decongestionamento e della nuova rapidità beneficerebbero anche i detenuti in custodia cautelare che le stanno a cuore: si assicurerebbero custodie più brevi. E le leggi anticorruzione che del contrasto alla mafia sono il presupposto necessario- forse smetterebbero, d’incanto, di essere la grida manzoniana che sono. Meglio se con l’aggiunta del ripristino della penalizzazione del falso in bilancio.
Giovanni Falcone, che lei cita con Borsellino al termine dei cinque punti,
diceva: «Se succede qualcosa a noi, altri continueranno».
Mettere i vivi in condizioni di continuare è l’unico modo di onorare la memoria di quelli che ci hanno lasciato la vita. (E
di evitare che siano morti per niente).