Pasqua vuol dire «passaggio». Si ricorda infatti il passaggio del Mar Rosso, quando Dio salvò il popolo ebraico dalla schiavitù d’Egitto, e il passaggio di Cristo dalla morte alla risurrezione. Morendo sulla croce egli distrusse la morte e il terzo giorno risuscitò diventando luce per tutti i popoli. Ogni domenica in cui viene celebrata la Messa è Pasqua, perché si fa memoria della sua ultima cena e della sua passione, morte e risurrezione. La Pasqua è una festa da sentire ogni giorno dentro di noi perché Dio è in noi. Non sarebbe giusto ridurla all’acquisto del famoso uovo di Pasqua oppure a fare un pranzo nel posto più bello. Non sono cose sbagliate, ma bisogna tenere sempre viva e accesa la speranza di Cristo vivo e risorto, prima di tutto dentro di noi.
MARCO GIRALDI - Prato
C’è sempre il pericolo, caro Marco, di ridurre le feste religiose ai regali o al pranzo speciale. E la società consumistica ne approfitta. Far festa anche esteriormente non è però un male: è bello vedere la gioia negli occhi dei bambini di fronte a un uovo di cioccolato, o vivere il picnic di Pasquetta con la famiglia. L’importante è che la festa non si riduca a questo. Per evitarlo, la Chiesa ci offre la possibilità di partecipare a tante belle liturgie nel Triduo pasquale.
La festa di Pasqua è anche un’ulteriore occasione che il Signore ci offre per rinnovare la nostra vita e riprendere con fiducia il cammino di ogni giorno, sorretti dal cibo eucaristico. Colgo l’occasione per augurare a tutti buona Pasqua con le parole usate l’anno scorso da papa Francesco: «A quanti nelle nostre società hanno perso ogni speranza e gusto di vivere, agli anziani sopraffatti che nella solitudine sentono venire meno le forze, ai giovani a cui sembra mancare il futuro, a tutti rivolgo ancora una volta le parole del Risorto: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5-6)».