Daria Bignardi
È sempre curiosa la genesi dei libri. Prendiamo l'ultimo romanzo di Daria Bignardi, Santa degli impossibili (Mondadori). L'autrice ci ha raccontato che la storia le frullava in testa da tanti anni, l'aveva cominciata addirittura cinque anni fa. Poi era giunta a un punto morto ed era rimasta sospesa: a sbloccarla ha provveduto Santa Rita, che viene ricordata proprio oggi e che, non a caso, è stata chiamata "l'avvocata degli impossibili.".
Protagonista del romanzo è Mila, una donna che, in apparenza, ha tutto: un lavoro (fa la giornalista), un marito, dei figli. Vive e lavora a Milano. Eppure è una donna infelice, smarrita, inquieta. Che si sente incompleta. Le manca qualcosa, anche se lei stessa non saprebbe dargli un nome. Animata da un sincero desiderio di rendersi utile agli altri, da un naturale istinto di solidarietà verso i deboli, ha prestato anche servizio volontario al carcere, abbandonandolo poi per l'incapacità di sostenere il peso di situazioni che sembrano immobili.
Questo era, probabilmente, il nucleo narrativo originario del libro, del quale l'autrice non riusciva a immaginare la continuazione. Finché un giorno, alla cattedrale di Monza - ci ha raccontato la Bignardi - ha letto la preghiera a Santa Rita, appunto la santa degli impossibili, e ne è rimasta colpita, proprio perché ha colto delle misteriose assonanze fra la santa e il suo personaggio.
Conviene a questo punto spendere qualche parola su santa Rita, nata nel 1381 e morta a Cascia nel 1457. Due gli eventi salienti della sua vita: un matrimonio forzato con un certo Paolo (così si chiama anche il marito di Mila) e, alla sua morte e a quella dei figli, il passaggio in convento, anch'esso ostacolato, fino a che - come vuole l'agiografia - fu portata in volo dai suoi santi protettori dentro le mura del convento agostiniano. Le analogie con Mila ci sono: nome del marito a parte, l'avere dei figli, ma, ancor più, la tenacia nel cercare di realizzare la propria vocazione, la ricerca di un "qualcosa di più" rispetto all'esistente...
Insomma la scoperta della figura e della biografia di santa Rita da Cascia ha permesso a Daria Bignardi di completare il romanzo. Dopo un incidente avvolto nel mistero, Mila finisce in ospedale, dove conosce un'insegnante di religione con cui instaura un dialogo e che le "proporrà" la storia della santa.
Non pensate a un finale consolatorio con la donna in crisi, che folgorata da santa Rita, risolve tutti i suoi problemi e trova la felicità. No, il finale è invece aperto, perciò più interessante e stimolante: Mila esce dall'ospedale ancora confusa, ma con la voglia di abbracciare la sua vita, di apprezzare ciò che ha e che è, di - magari - tornare a fare volontariato.
Santa Rita da Cascia
È una bella figura quella di Mila, verosimile, nella quale molte donne di oggi - strette fra la difficoltà di conciliare famiglia e lavoro e l'irrisolta definizione dei rapporti e dei ruoli fra generi - possono identificarsi. Questa figura femminile esprime anche quel bisogno di apertura agli altri, di trascendenza, quell'anelito a inseguire fino in fondo la propria autentica vocazione che resta spesso frustrato dentro di noi.
Alle donne come Mila, santa Rita rivela la potenza tutta femminile di saper superare gli ostacoli, di seguire con determinazione la propria passione, per essere finalmente e pienamente se stesse.