Don Antonio, nell’omelia di stamattina ho sentito due affermazioni che mi hanno lasciato perplesso. La prima è che il figliol prodigo non si è pentito, ma ha solo pensato al suo tornaconto, a tornare a mangiare. A me il testo «allora rientrò in sé stesso...» e le parole «mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te» mi sono sempre stati spiegati come un segno di pentimento.
La seconda è che il Padre (Dio) perdona sempre, anche se il peccatore non si pente. Questo è contro ciò che la Chiesa, fin da bambini, ci ha insegnato e continua a insegnarci: nella confessione, o riconciliazione, il pentimento e il proposito di non peccare più sono essenziali per l’assoluzione (perdono di Dio).
GIORGIO
Caro Giorgio, penso che quel prete non abbia sbagliato. Certo, le parole del figlio minore sono un segno di pentimento, ma la motivazione è spiegata così: «Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!». È questo che lo spinge a tornare e ad accontentarsi di essere trattato come uno dei servi. Il padre, però, rivuole suo figlio e non gli lascia nemmeno finire il discorso. Ma subito decide di dargli il vestito più bello, l’anello al dito e di fare festa. Lo perdona e basta, perché lo ama. Infatti, «ne ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò». Prima ancora che il figlio parlasse. Dalla parabola, quindi, si deduce che Dio perdona prima ancora che il peccatore si penta.
È questo il centro della nostra fede, ben espresso da san Paolo: «Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» (Romani 5,8); e da san Giovanni: «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Giovanni 4,10). Come si legge nel Rito della Penitenza, «il peccatore che, mosso dalla grazia di Dio misericordioso, intraprende il cammino della penitenza, fa ritorno al Padre che “per primo ci ha amati”».
Ma allora a che serve il pentimento? Se uno scopre davvero l’amore di Dio, la grazia del perdono già accordato, non può restare indifferente, non può che lasciarsi commuovere e decidere di cambiare vita, di smetterla con il peccato e accogliere la misericordia di Dio. Da qui nasce il pentimento vero, disinteressato. Attraverso il sacramento della penitenza siamo così riconciliati con il Padre e spinti a una vita nuova, ad amare i nostri fratelli, a testimoniare il volto misericordioso di Dio.