Novak Djokovic, numero uno del tennis mondiale, non ha mai fatto nulla per nascondere le proprie posizioni no vax, anzi. Nel giugno 2020, in pieno lockdown sportivo, ha organizzato un torneo esibizione a scopo benefico tra Serbia e Croazia evitando tutte le restrizioni anticovid in vigore nello sport professionistico, tanto che la manifestazione si è prontamente trasformato in un focolaio, suscitando un mare di polemiche.
Attorno a Djokovic nei giorni scorsi ha tenuto banco un balletto di illazioni sul tema: cederà per andare a giocare l’Open d’Australia, primo torneo Slam dell’anno, in un Paese in cui vigono rigide restrizioni, valide anche per gli autoctoni, tra cui l’obbligo di vaccinazione per partecipare al torneo di tennis tra i più prestigiosi al mondo? Invero Djokovic non ha mai voluto dire se fosse vaccinato o meno, ma tutto faceva pensare che non lo fosse date le posizioni note di cui sopra, ora lo sappiamo per certo.
Alla vigilia del torneo australiano diffonde un post sui social dove con foto sorridente si mostra con le valigie in mano, fa sapere di aver trascorso un ottimo Natale in famiglia e, tomo tomo cacchio cacchio, come direbbe Totò, se ne esce annunciando che ha ottenuto (all’ultimo minuto utile?) un certificato di esenzione e che sta partendo per l’Australia.
Quale sia il “grave motivo” sanitario che esenti un campione longevo e salutista come il numero uno del tennis mondiale che a occhio e croce scoppia di salute a sufficienza per essere lì a giocarsela a 34 anni con i ragazzi di 20 non è dato di sapere, perché trincerandosi dietro la privacy ovviamente Djokovic non lo dice, nemmeno per tenere alla larga il sospetto di un favoritismo.
Figura peggiore di lui, che ha ottenuto ciò che voleva e ora ne nasconde la circostanze dietro la foglia di fico della privacy, ci fanno le autorità pubbliche e sportive australiane nonché gli organizzatori del torneo, che evidentemente non si fanno problemi a dare agli occhi del mondo l’immagine della fattoria orwelliana in cui tutti gli animali sono uguali ma il numero uno del mondo è più uguale.
Vero è che la presenza di un Djokovic non si butta mai perché ci sono di mezzo gli sponsor e i loro soldini, ma l’opacità è tale che verrebbe voglia di boicottare il torneo anche solo come spettatori e telespettatori e un po’ stupisce che non lo facciano, per protesta, gli altri partecipanti. Fosse solo per riaffermare il principio che le regole o valgono per tutti o non sono tali.
Non è la prima volta, ma l’impressione è che lo sport di vertice abbia perso un’occasione di riaffermare le regole del gioco di cui sulla carta ama dirsi, ammantandole di retorica, “maestro di vita”, salvo poi piegarle per interesse all’occorrenza senza nemmeno arrossire.