Lettura del Vangelo secondo Giovanni (1,6-8.15-18)
In quel tempo. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Giovanni proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me». Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.
Dalla Parola alla vita
Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate». Con queste parole il profeta Malachia si rivolge alla piccola città di Betlemme, ma idealmente a tutto Israele, per annunciare la venuta del Signore, attraverso un messaggero. Ma la sua venuta, così come la descrive il profeta, sarà occasione non solo del compiersi di una grande attesa, ma sarà anche motivo di purificazione: «Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi». L’attesa del Signore si carica così di una certa dose di ambivalenza, cioè da una parte c’è il desiderio di poter accogliere il Messia, la presenza stessa di Dio, dall’altra c’è il timore per questa opera di purificazione che sarà «come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai». L’incontro con il Signore dunque, non lascia mai le cose come prima: è un evento atteso, desiderato e trasformante, destinato a lasciare il segno. Per preparare questo incontro ci sarà l’opera di un messaggero, un testimone inviato da Dio, con il compito preciso di creare le condizioni spirituali, perché ciascuno possa accogliere la presenza del Signore. L’evangelista Giovanni inizia il suo Vangelo partendo da qui, ricordando cioè come il compimento della storia della salvezza prende le mosse dalla predicazione di un precursore, inviato da Dio: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui». Il suo compito doveva essere quello di rendere testimonianza alla luce, in vista di una adesione di fede.
Dal punto di vista simbolico l’essere testimoni della luce ha un significato molto forte: non si tratta solo di indicare una presenza, come in effetti è avvenuto per Giovanni Battista, ma rendere la propria vita luminosa e lasciare che risplenda di una luce altra, una luce che viene da un incontro. Così era stato per Mosè che, scendendo dal monte dopo aver ricevuto le tavole della Legge, aveva sorpreso tutti perché il suo volto era diventato luminoso, senza che lui stesso ne fosse consapevole. Anche il Signore Gesù dirà ai suoi discepoli: «Voi siete la luce del mondo»; dunque se dalla testimonianza di Giovanni passiamo alla nostra testimonianza, a quella che il Signore chiede anche a noi, allora dobbiamo in un certo senso raccogliere il testimone del Precursore, diventando per questo nostro tempo quel messaggero preannunciato dal profeta Malachia, cioè testimoni della luce. Ci dirà nella Natività del Signore la voce dell’evangelista Giovanni: «Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo»; dunque per essere testimoni della luce è necessario essersi prima lasciati illuminare dalla luce vera, dono di rivelazione per noi, discepoli di oggi, che abbiamo accolto la rivelazione del Signore Gesù. A chi dunque possiamo portare la luce di Dio in questo nostro tempo? Ma soprattutto, la nostra vita è davvero luminosa?