Nella prima domenica del nuovo anno, otto giorni dopo il Natale, il vangelo di Luca ci mostra con un racconto paradigmatico il modo in cui il «Verbo fatto carne» ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini. Questa pagina, infatti, contiene quella che oggi chiameremmo l’“agenda”, o il “programma” di Gesù: la proclamazione, cioè, di un Giubileo di liberazione. È appena terminato il racconto delle origini e della sua infanzia, ed egli, ormai adulto, viene battezzato e sottoposto alla prova nel deserto. Poi, tornato in Galilea, inizia a insegnare nelle sinagoghe; la sua fama presto si diffonde ovunque. Ora il racconto si focalizza su quanto accade nella piccola sinagoga di Nazaret. Alcuni motivi presenti nel brano sono noti anche a Marco e a Matteo: lo stupore per l’insegnamento di quel rabbi, la domanda sulla sua famiglia («Non è costui il figlio di Giuseppe?»), il detto sul profeta non onorato in patria. Ma Luca è l’unico che collochi questi temi a Nazaret, proprio all’inizio del ministero del Signore, per dire che quanto accade nella sinagoga di quel villaggio è ciò che accadrà a Gesù nel resto del vangelo di Luca. Due, infatti, sono i movimenti che si colgono nell’insieme del libro: prima l’ascolto e l’accoglienza, e poi il rifiuto. Lo stesso rifiuto che nel brano di oggi arriva fino a tentare di gettare Gesù giù da un precipizio. Fondamentale è il brano profetico letto in sinagoga, col quale Gesù inaugura il Giubileo previsto dal libro del Levitico. Significativo questo estratto: «Se il tuo fratello che è presso di te cade in miseria e si vende a te, non farlo lavorare come schiavo; sia presso di te come un bracciante, come un ospite. Ti servirà fino all’anno del giubileo; allora se ne andrà da te insieme con i suoi figli, tornerà nella sua famiglia e rientrerà nella proprietà dei suoi padri» (Levitico 25,39-41). La novità di Gesù si spiega in questo modo: secondo gli storici il Giubileo non è mai stato promulgato, nonostante fosse nell’ideale della legge mosaica. A Nazaret, però, i poveri, che invano hanno aspettato un cambiamento, ora sono salvati da Dio stesso, attraverso il suo inviato, che proclama quell’anno che anche Isaia aveva riconfermato. La liberazione dei poveri non avviene però in modo automatico o “magico”, con un semplice intervento. Proprio la frase di Gesù «i poveri li avete sempre con voi» (Marco 14,7) – che ha segnato la quinta Giornata dei poveri dello scorso 14 novembre 2021, con la visita del Papa alla Porziuncola – dice un processo che il Signore ha iniziato, ma anche la necessità di un impegno da parte di ogni generazione, perché il povero sia aiutato dal fratello. Il lieto annuncio che Gesù ha portato ai poveri è reale, ma perché continui a realizzarsi è necessaria la partecipazione di tutti, e occorre anzitutto credere alla Sua Parola. Tra poco la Chiesa celebrerà la Domenica della Parola: dobbiamo tutti imparare da Gesù, che ha letto poche righe dal rotolo di Isaia, e credendo all’adempimento di quelle profezie, si è impegnato per esse con tutta la sua vita e fino alla sua morte.