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domenica 18 maggio 2025
 

Domenica 21 maggio - VI di Pasqua

Lettura del Vangelo secondo Giovanni (14,25-29)

In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
  

Dalla Parola alla vita

È la domenica che annuncia il mistero dell’Ascensione di Gesù al cielo. Il Risorto è proclamato Signore e siede alla destra del Padre, ma, per un periodo abbastanza lungo, i suoi discepoli hanno potuto fare esperienze della risurrezione del suo corpo segnato dalla croce. Gesù siede sul trono accanto al Padre, ma non smette di essere vivo e presente nella comunità delle sorelle e dei fratelli; si inaugura così il tempo della Chiesa.

1. «Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa». La Pasqua non si è ancora conclusa; senza lo Spirito Santo il discorso rimane come in sospeso. Nella celebrazione della Pasqua  abbiamo visto molto, ma non abbiamo visto tutto quello che c’era da vedere; la rivelazione della vita intima di Dio e il suo disegno su di noi e sul mondo si stanno per compiere  con l’azione dello Spirito Santo. Non ci sarà una nuova e diversa rivelazione perché lo Spirito verrà «nel nome di Gesù», ma la nostra comprensione si potrà completare: sapremo tutto quello che c’è da sapere per conoscere Dio e per amarlo con tutto il cuore. Inizia l’epoca della Chiesa che, da sposa saggia e prudente, dovrà custodire il mistero per viverlo e annunciarlo in tutto il mondo fine alla sua fine.

2. «Vi lascio la pace, vi do la mia pace». Gesù parla della pace messianica, dono di Dio e non frutto dello sforzo umano o della diplomazia. La pace messianica nasce dalla certezza della presenza vittoriosa della croce di Gesù; per questo essa abita nel cuore del credente ed è il dono che la Chiesa deve fare al mondo. La pace, che sgorga in continuazione dal costato aperto di Gesù crocifisso e risorto, è la possibilità di vivere, per grazia, in modo pieno e giusto con Dio, con se stessi, con gli altri e con il mondo. Questa pace perciò è una promessa che si attuerà solo alla fine, ma, con la forza della speranza, già agisce nella vita quotidiana del discepolo e lo riempie della gioia che viene dallo Spirito Santo.

3. «Non sia turbato il vostro cuore… vado e tornerò da voi». Questo “ritorno” di Gesù è quotidiano nel cuore del discepolo dal momento del Battesimo. La presenza di Gesù ha come frutto l’assenza della paura; se abbiamo paura di esser abbandonati da Dio, vuol dire che non abbiamo fiducia nella presenza del Risorto nel nostro cuore. Se la sua presenza fosse commisurata al grado del nostro impegno, dovremmo certo avere paura. Ma la presenza del Risorto è generata dallo Spirito e non dobbiamo temere di essere dimenticati da Dio.

Questo è il mistero, complesso e sconcertante, della Chiesa. Quando diciamo «credo la Chiesa», affermiamo che il mistero di Dio è custodito – meraviglia e responsabilità! – nel vaso di creta della nostra umanità. La Chiesa, corpo di Cristo e sua sposa, vive la continua tensione tra la sua fragilità e la presenza dello Spirito che garantisce la permanente presenza del Risorto in mezzo a noi. È questo mistero, divino-umano, che rende efficace l’azione santificatrice della Chiesa nell’annuncio della Parola e nella celebrazione dei sacramenti.

Commento di don Luigi Galli


18 maggio 2017

 
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