Quest’ultima domenica dopo l’Epifania è orientata al tema del perdono, così come ci suggerisce il rito ambrosiano, in vista dell’inizio della Quaresima, come se, tra le righe ma neppure troppo velatamente, fossimo tutti invitati a riconoscere che la grazia del perdono, che il Padre ha disposto per i suoi gli, è anzitutto per noi. Quando ci viene offerto un dono di cui non sentiamo assolutamente il bisogno, siamo portati a rifiutarlo o ad accettarlo per pura cortesia, per poi abbandonarlo in un angolo della nostra casa. Ma per il perdono di Dio non può essere così: ne abbiamo tutti un grande bisogno.
La lettura ci fa riascoltare il bellissimo testo del profeta Osea che, usando l’immagine della sposa infedele, rifiutata e abbandonata dal suo sposo a causa dei suoi amanti, in realtà viene nuovamente cercata dallo sposo, da Dio, che torna a sedurre il suo popolo infedele, per riportarlo nel deserto, luogo dell’innamoramento e della promessa d’amore, «come quando uscì dal paese di Egitto. E avverrà in quel giorno, oracolo del Signore, mi chiamerai “Marito mio”».
Il Vangelo invece ci offre la notissima parabola del Padre misericordioso e del figlio perduto, che pretende una parte del patrimonio di famiglia per poi sperperarlo inutilmente. In fondo al baratro questo figlio si rende conto della sua condizione e della scelta totalmente sbagliata e si mette in cammino per tornare a casa. Forse le sue motivazioni non sono ancora totalmente centrate, per il suo desiderio di avere semplicemente il necessario per vivere, ma il Padre lo riaccoglie in casa senza rinfacciargli nulla, restituendogli la dignità perduta, l’essere figlio amato. Sullo sfondo troviamo anche il secondo figlio, colui che senza aver mai abbandonato la casa paterna era a sua volta ben distante dall’avere un cuore di figlio: in realtà entrambi avevano maturato progressivamente un atteggiamento servile, senza riconoscere l’amore del Padre.
Il perdono vuole riportare entrambi a sperimentare proprio questo amore gratuito e la possibilità di ricominciare in modo nuovo. Il figlio più giovane si lascia conquistare dall’abbraccio paterno, il figlio maggiore invece rimane fuori casa, a distanza. Il finale della parabola resta sospeso: che farà quel figlio, accoglierà l’invito del Padre?
Alcuni commentatori interpretano in modo allegorico i due figli: il figlio minore rappresenta il nuovo popolo di Dio, costituito da peccatori ma accolto nella casa del Padre, il figlio maggiore invece rappresenta l’antico Israele, legato alla Legge e lontano dalla misericordia di Dio. Possiamo però riconoscere in loro anche due atteggiamenti spirituali: quello di chi si riconosce peccatore e bisognoso del perdono e chi invece si ritiene giusto e condanna il fratello. E tu, noi, da che parte stiamo? Solo se ci riconosciamo bisognosi del perdono di Dio potremo accoglierlo con gioia, scoprendo il volto misericordioso del Padre e prepararci ad entrare nella Quaresima con lo spirito giusto.