Lettura del Vangelo secondo Matteo (2,19-23)
In quel tempo. Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».
Dalla Parola alla vita
I Vangeli ci raccontano qualcosa della famiglia di Gesù, per la verità poche cose essenziali. Solo Matteo e Luca ci parlano della sua infanzia, gli altri evangelisti invece, solo della Madre e dei suoi fratelli. Questa domenica è dedicata proprio a loro, a Maria, Gesù e Giuseppe, la Sacra Famiglia, e ancora una volta siamo invitati a contemplare in loro una immagine delle tante nostre famiglie di oggi, e a riconoscere che il Signore Gesù ha avuto bisogno di una famiglia per abitare questo mondo.
A volte corriamo il rischio di guardare la Sacra Famiglia solo vedendone l’aspetto ideale, come se fosse “perfetta”; in realtà ci viene descritta anche nella sua normalità, quando sono costretti a fuggire in Egitto perché Erode vuole uccidere il bambino Gesù. Come non pensare allora alle tante famiglie che oggi vivono nella paura per i propri figli, a quelle che sono costrette a fuggire perché minacciate o per la fame e la guerra.
Ma la parola di Dio ci indica soprattutto qual è la caratteristica essenziale della famiglia di Nazaret, senza inseguire un modello astratto. L’evangelista Matteo ci ricorda anzitutto che diverse volte Dio si era rivolto a loro: «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”». Giuseppe come si era fidato dell’angelo ed era fuggito, così ora torna sui suoi passi e con Maria e il bambino Gesù, ritorna nella sua terra. Giuseppe, esattamente come Maria, ascolta la parola di Dio e si fida, obbedisce a ciò che il Signore gli ha detto, anche se questo avrebbe comportato disagi e fatiche.
Pensando in particolare a Giuseppe, gli evangelisti non ci riportano neppure una sua parola, né in questo episodio né in nessun’altra occasione, non certo perché fosse muto, quanto piuttosto per sottolineare il fatto che Giuseppe è colui che ascolta e obbedisce, ascolta e si fida, ascolta e custodisce la sua famiglia, pur sapendo bene di non essere il padre di quel bambino, venuto al mondo per opera dello Spirito Santo.
Ecco dunque il segreto di questa famiglia e di ogni famiglia che ad essa voglia ispirarsi: fidarsi di Dio e della sua parola, di coloro che sono strumento della sua voce, come l’angelo nel sogno di Giuseppe. Fidarsi e rimanere nell’obbedienza fiduciosa, sapendo che per ciascuno in famiglia, il Signore ha una parola di bene e di obbedienza.
A volte nelle nostre famiglie si rischia di vivere momenti di incomprensione e di divisione, qualche volta anche di rabbia e purtroppo anche di violenza. Questo accade quando ciascuno insegue le proprie esigenze e pretende che gli altri si adeguino a lui, dal più piccolo al più grande; quando invece insieme si cerca l’unico vero interesse, quello della famiglia, e ci si ascolta davvero, allora si possono superare le difficoltà e insieme fare le scelte giuste per il bene di tutti.
Commento di don Marco Bove