Nel rito ambrosiano la domenica delle Palme prevede due possibili forme di celebrazione eucaristica con due cicli di letture differenti, che indicano la ricchezza liturgica di questa giornata; inoltre con questa domenica inizia la Settimana Santa o “Autentica” come suggerisce il rito ambrosiano. Siamo dunque al cuore del mistero cristiano, siamo alla vigilia di quello che per tutti i credenti è il centro della fede, la Pasqua del Signore.
Il primo ciclo di letture prevede la processione con i rami di ulivo e ci fa riascoltare il racconto dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, acclamato dalla folla festante con le parole del Salmo 118: «Benedetto colui che viene nel nome del Signore», il re d’Israele, e l’invocazione «osanna», che significa «Dio salva». C’è un particolare del racconto che attira la nostra attenzione, cioè Gesù decide di entrare nella Città santa seduto sopra un asinello; l’evangelista Giovanni ce ne spiega il motivo: «Come sta scritto: “Non temere figlia di Sion! Ecco, il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina”». Dunque il Signore Gesù vuole dare un segno chiaro agli abitanti di Gerusalemme: le profezie si compiono, in particolare le parole del profeta Zaccaria, che troviamo nella prima lettura, le quali contengono una promessa di pace universale: «L’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra». La salvezza che Dio porterà attraverso il suo Messia sarà un dono di pace per tutti, per questo il profeta invita la figlia di Sion alla gioia. La gioia e le acclamazioni della folla però avranno breve durata, sappiamo infatti che di lì a qualche giorno quella stessa folla non acclamerà più il suo ingresso, ma griderà alle autorità: crocifiggilo!
Nel secondo ciclo di letture per questa domenica, quello per l’ingresso solenne, troviamo infatti la profezia di Isaia relativa al servo sofferente, una figura non ben identificata le cui caratteristiche però ricalcano perfettamente i tratti della passione del Signore: «Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire... egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe...».
Accanto alle parole del profeta Isaia la liturgia ci offre anche, dal vangelo di Giovanni, il racconto dell’unzione di Betania, cioè il gesto di Maria che cosparge i piedi di Gesù con un profumo molto prezioso. Il valore simbolico del gesto è chiaro, Maria compie qualcosa che era riservato al corpo di un defunto; dunque si tratta di una profezia della sua morte imminente e insieme di un gesto che dice l’amore e l’affetto non solo di Maria, ma di ogni discepolo del Signore, nell’offerta del buon profumo della propria vita per amore del Maestro. Disponiamoci dunque anche noi a “entrare nella Pasqua”, consegnando nelle mani del Signore le nostre colpe e le nostre sofferenze, perché la sua Passione porti, per noi e per tutti, un frutto di pace e di riconciliazione.