Liturgicamente questa domenica viene celebrata dopo la solennità dell’Ascensione che, secondo le indicazioni del rito ambrosiano e del nuovo lezionario, nel computo esatto dei quaranta giorni, rimane in un giorno infrasettimanale. Ci ricorda questa circostanza la lettura degli Atti degli Apostoli che fa da collegamento non solo con l’ascensione del Signore al cielo, ma anche con la conclusione del vangelo di Luca, autore anche del testo degli Atti. L’evangelista Luca ci presenta dunque la prima comunità apostolica come un gruppo affiatato di persone, ovviamente senza la presenza di Giuda Iscariota, che si riunisce nella stanza al piano superiore, la stessa nella quale era stata celebrata l’ultima cena pasquale del Signore insieme ai suoi. Luca ci ricorda anche la presenza di alcune donne e di Maria, la madre di Gesù, una presenza fondamentale nella Chiesa delle origini. Inoltre Luca ci ricorda che «tutti questi erano perseveranti e concordi nella preghiera»; ecco dunque l’icona della Chiesa, di ieri e di oggi: una comunità che, con Maria, è perseverante e unita nella preghiera, nell’affidare a Dio il futuro ancora incerto che la attende.
Il testo evangelico invece ci riporta al tempo intercorso tra la Pasqua del Signore e la sua salita al cielo, attraverso il racconto di una delle più conosciute apparizioni del Risorto: si tratta dell’incontro dei discepoli di Emmaus con un viandante misterioso, che percorre con loro il cammino, che li ascolta e nel dialogo, raccoglie la loro tristezza e la loro delusione. Si aspettavano un altro “finale” del loro discepolato, con un maestro «che fu profeta potente in opere e in parole davanti a Dio e a tutto il popolo», tuttavia la conclusione dell’opera del rabbi di Nazaret ha lasciato l’amaro in bocca: «Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele». Ci possiamo sicuramente specchiare anche noi in questi due discepoli, tristi e delusi perché le cose non sono andate secondo le loro aspettative. Le donne che erano andate al sepolcro avevano parlato anche di una visione di angeli, «i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto».
Dunque il Signore risorto è in cammino accanto ai suoi, dunque anche a noi e come i discepoli di Emmaus anche noi abbiamo ricevuto l’annuncio pasquale, ma «i loro occhi erano impediti a riconoscerlo». Tristezza e delusione ci chiudono gli occhi e ci impediscono di riconoscere il Signore accanto a noi, vivo e risorto. Lungo la strada però lo sconosciuto riprende le parole delle antiche profezie, li scuote e li rimprovera e finalmente, nel gesto dello spezzare del pane i loro occhi si aprono e lo riconoscono. Sono dunque l’incontro con il Signore, la sua parola che risuona nel cuore e il pane spezzato che ci aprono gli occhi, che ci rimettono in cammino: «Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme…». Apri i nostri occhi Signore, apri il nostro cuore e rendici, per il mondo di oggi, testimoni della tua risurrezione.