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martedì 20 maggio 2025
 

La presenza di uno scopo nella vita rende sopportabile anche il dolore

Gv 16,20-23a - San Giovanni d'Avila, Dottore della Chiesa - Mem. fac. (10 maggio 2024) - 

“La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo”. Tra tutte le più suggestivi immagini che Gesù usa nel Vangelo questa forze è tra le più potenti perché rende davvero l’idea di ciò che Gesù vuole comunicare. Egli infatti sa bene che la sofferenza è sopportabile solo se ha uno scopo. L’assenza di uno scopo rende insopportabile ogni forma di dolore e molto spesso ogni esperienza di vita.

La presenza di uno scopo come lo è la nascita di un bambino per una donna che soffre il dolore del parto, fanno si che si affronti quella sofferenza con un atteggiamento radicalmente diverso. La gioia della nascita di quel bambino ha il potere di cancellare tutto ciò che si è patito. “Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla”.

E’ una bella domanda quella che ci pone il Vangelo di oggi: qual è il grande scopo per cui stiamo vivendo la nostra vita e che la rende sopportabile? Il dono della fede è il dono di aver scoperto uno scopo (una gioia grande) che rende possibile affrontare anche l’impossibile che certe volte la vita ci pone davanti. Non è una questione di ragionamenti, è una questione concreta esattamente come concreto è un bambino per la propria madre che lo mette al mondo. O la fede è un fatto che ci fa reggere l’onda d’urto, oppure se si limita a essere un bel discorso è destinato ad essere cancellato da qualche pagina di cronaca nera della nostra vita.

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09 maggio 2024

 
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