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Siamo abituati a leggere le beatitudini come se fossero un comandamento: “devi!”. Ma essi non sono un comandamento, ma una costatazione. Le beatitudini sono la più bella descrizione che Gesù fa di sé stesso. È infatti lui l’uomo delle beatitudini.
È lui il povero in spirito che sa fidarsi completamente di suo Padre. È lui il compassionevole che sa piangere con chi piange. È lui il mite che rinuncerà ad ogni forma di violenza fino all’estrema conseguenza di lasciarsi uccidere. È lui l’affamato e l’assetato di giustizia che non rimane indifferente davanti agli oppressi. È lui il misericordioso che sa amare le persone nella loro miseria. È lui il puro di cuore che sa vedere sempre Dio, l’Essenziale di tutte le cose. È lui l’unico che può dare la vera pace non come la dà il mondo. È lui il perseguitato che si fa solidale con tutti i perseguitati della storia.
Insomma Gesù sta descrivendo la sua vera identità e questo non può lasciarci indifferenti quando ci domandiamo a chi dovremmo assomigliare come cristiani. In questo senso le beatitudini diventano uno specchio per ciascuno di noi: a che punto siamo in ognuna delle beatitudini? Forse siamo ancora molto distanti, ma non scoraggiamoci, ringraziamo invece che oggi il Vangelo ci indica chiaramente la strada da prendere. Infatti o si prendono sul serio le beatitudini oppure si prende sul serio lo spirito del mondo che in pratica dice esattamente il contrario di quello che ha detto oggi Gesù nel Vangelo.
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