Mt 14,1-12 - Sabato della XVII Settimana del Tempo Ordinario (2 agosto 2025)

Gesù durante il suo ministero di vita pubblica viene spesso paragonato a grandi profeti del passato, ma anche a figure a lui più recenti come Giovanni battista. E di lui si parla nella pagina del Vangelo di oggi. Giovanni perde la vita a causa della sua eccessiva sincerità. Denunciare il peccato di Erode lo aveva reso inviso alla corte, e specialmente alla concubina del sovrano. Ma Giovanni non denuncia per fare del facile gossip, ma per manifestare un vero e autentico amore nei confronti proprio di coloro che pensano di non avere bisogno di nessuno, e che molto spesso si sentono anche superiori a Dio stesso.

Quando qualcuno è affetto da delirio di onnipotenza, o da un narcisismo spirituale si sente al di sopra degli altri, e proprio per questo non servono più le carezze, ma serve la verità nuda e cruda. Essa ha come scopo quello di farci aprire gli occhi, e farci rendere conto di ciò che siamo e di ciò che stiamo facendo realmente. Nell’Antico Testamento il re Davide farà un’esperienza simile quando Nathan gli disse in faccia il delitto di cui si era macchiato a causa della sua lussuria: l’uccisione del suo amico Uria per prendersene la moglie. Ma Davide accetta quello schiaffo e si converte, mentre Erode, Erodiade e tutta la corte non accettano la correzione di Giovanni e gli fanno tagliare la testa. Ma uccidere un profeta non serve a nulla, perché la sua voce non può essere uccisa da nessuno perché è la voce stessa di Dio che rimbomba in ogni coscienza. Sarebbe bello se oggi ciascuno di noi chiamasse per nome un suo peccato e decidesse di rompere con esso. 

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