Lc 21,5-11 - Martedì della XXXIV settimana del TO (28 novembre 2023) -
«Verranno giorni in cui, di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta». Questa frase pronunciata da Gesù in riferimento al Tempio in realtà possiamo accostarla a tutte le cose di questa vita. Ogni cosa è destinata a finire, anche la più grandiosa, la più forte, la più apparentemente stabile. Questo pensiero deve renderci essenziali non angosciati.
Sapere che nulla di questa vita è per sempre deve farci domandare se esista un per sempre per cui valga la pena vivere. La risposta è si. Tutto ciò che amiamo non finirà mai. In questo senso il più grande investimento che dobbiamo fare deve riguardare l’amore, non l’apparenza di questo mondo. Tante cose anche nella storia della Chiesa hanno conosciuto il loro splendore e la loro caduta, ma l’amore con cui molti cristiani hanno amato non è mai finito e ha attraversato guerre, rivoluzioni, tragedie.
Gesù nel Vangelo di oggi ci tiene a dire che non dobbiamo cadere nella trappola di chi insegue sempre una qualche fine del mondo prossima: «Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e: "Il tempo è prossimo"; non seguiteli. Quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate. Devono infatti accadere prima queste cose, ma non sarà subito la fine». Per un cristiano la vera domanda che gli fa compagnia non riguarda la fine del mondo, ma il fine della propria esistenza. È nel fine, nel motivo, nella passione che alimenta la vita l’attenzione massima che dobbiamo riservare. Credere non significa predire il futuro, ma vivere appassionatamente il presente. In questo senso il mondo si aspetta questa testimonianza, e non falsi profeti di sventura.
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