Mc 12,1-12 - Santi Carlo Lwanga e compagni martiri, Memoria (3 giugno 2024) -
“Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano”.
E’ un’immagine suggestiva quella che Gesù usa per descrivere la nostra vita. In fondo ha ragione: non ci siamo fatti da soli, Qualcuno ci ha donato la vita e ce l’ha consegnata fidandosi di noi. Se non ci fosse stata vera fiducia non si sarebbe allontanato, non ci avrebbe cioè fatti abbastanza liberi da poter scegliere e agire secondo ciò che più ritenevamo opportuno. Ma è anche vero che questa vita che abbiamo ricevuto con fiducia, ha un suo termine. La morte è il tempo in cui dobbiamo fare i conti con ciò che ne abbiamo fatto di tutta la fiducia che il Signore ci ha accordato.
Gesù dice che i vignaioli non vogliono saperne di consegnare i frutti. Si comportano come se fossero i padroni. È il nostro stesso atteggiamento che abbiamo quando pensiamo che non moriremo mai, che non dobbiamo fare i conti anche noi con la morte, che non siamo affatto i padroni di tutto. Per capire che si muore non c’è bisogno della fede, basta solo essere realisti. La grande questione è se vogliamo vivere la nostra vita spadroneggiando o avendone cura. Troppo spesso tagliamo fuori Gesù dalla nostra vita solo perché ci ricorda che non siamo i padroni. Uccidiamo Dio, cioè cerchiamo di farlo fuori dalle nostre vite, così potremmo vivere serenamente l’illusione di tenere tutto sotto controllo.
Per chi vive così, la fede non è un affare ma una rovina. Per chi invece comprende il messaggio di Gesù allora la fede è il momento in cui proprio perché ci ricordiamo di non essere i padroni, riceviamo in dono una “buona notizia” (vangelo) che ci dice che la nostra ricompensa è diventare i figli del padrone e non solo dei servi premiati.
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