Luca 4,31-37 - Martedì della XXII settimana del TO (5 settembre 2023) -
“Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità”.
Che bel complimento che Gesù riceve nel Vangelo di oggi. Parlare con autorità non significa parlare con autoritarismo, ma significa parlare con autorevolezza. La differenza è sostanziale: chi parla con autoritarismo vuole farsi ascoltare facendo leva sulla paura, sulla violenza delle parole, della legge, del denaro, del posto che si occupa e così via; chi parla con autorità è colui che per primo tenta di vivere ciò che dice agli altri.
È la nostra testimonianza che ci rende autorevoli, non il posto che occupiamo. Un padre non è autorevole solo perché occupa il posto di padre, o la madre il posto di madre, o un responsabile il proprio ruolo in un’azienda, o un superiore il proprio scranno nella Chiesa. Si è autorevoli in virtù della propria testimonianza, e quando viene a mancare essa, inevitabilmente si scade nell’autoritarismo.
Ecco perché questa indicazione sull’autorevolezza di Gesù precede il racconto dell’esorcismo: “«Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!». Gesù gli intimò: «Taci, esci da costui!». E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male”. Il male ha paura dei testimoni, non dei dotti. Ha paura di coloro che ogni mattina provano a mettere in pratica il bene, e non quelli che pensano di essere dalla parte giusta solo per il posto che occupano.
Il male teme Gesù perché Egli annuncia una Verità che gli chiude la bocca poiché è la Verità di chi è disposto a viverla fino all’estreme conseguenze.
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