Dal 28 luglio 1914, i cannoni tuonarono senza sosta nel cuore del Vecchio continente e milioni di soldati rimasero stipati nelle trincee. A fine conflitto, nel 1918, sarebbero stati quasi 10 milioni i militari morti.
In questo scenario di guerra totale, toccò a Benedetto XV avanzare con coraggio la proposta di una “tregua di Natale”, che venne però bocciata dalle potenze belligeranti (soprattutto Francia e Russia, mentre la Germania apparve più disponibile). Ma in quei giorni qualcosa di insolito accadde.
A sorpresa, la notte di Natale i fanti saltarono fuori dai loro rifugi e scoppiarono così “piccole tregue” improvvisate che illuminarono tutto il fronte, specialmente tra tedeschi e britannici nelle aree di Ypres, Lille e Armentières, luoghi di combattimenti tristemente celebri e feroci. Le truppe intonarono i classici canti di Natale nelle rispettive lingue spingendosi nella terra di nessuno tra le trincee e il filo spinato, fraternizzando con lo scambio di auguri e piccoli doni, gettando una luce umana sull’orrore di una guerra mondiale, come mai se n’ erano viste.
Sarà il New York Times a raccontare questi episodi, il 30 dicembre del ’14.
Gesti fortemente simbolici che si contrappongono alla spietata logica della geopolitica. Oggi viviamo in un momento difficilissimo e ci ritroviamo prigionieri dell’odio che spinge ancora una volta i popoli gli uni contro gli altri.
Sta a tutti noi accendere la luce della speranza, accogliendo il messaggio profondo che giunge da Betlemme.
Buon Natale, cari lettori