Caro don Antonio, voglio segnalarle
un’iniziativa dei sacerdoti della nostra
unità pastorale di Ambivere, Mapello
e Valtrighe, in provincia di Bergamo. Il
giorno delle Ceneri, il nostro parroco
don Emanuele ha comunicato che, per
tutto il tempo di Quaresima, lui e gli altri tre sacerdoti
vivranno in una tenda, esprimendo così la
loro vicinanza al popolo sofferente dei profughi. E
si ritengono fortunati di avere una stufetta elettrica!
Le invio la lettera che hanno lasciato sul tavolino
della chiesa. Una scelta coraggiosa, legata
a tanti altri progetti che aiutano ad aprire occhi,
cuore e mani verso questo dramma umano che
stiamo vivendo.
FIORELLA
«In Quaresima noi sacerdoti abiteremo
una tenda allestita sul sagrato della chiesa di
Ambivere. Un po’ di cibo. Acqua
da bere. Un bagno per lavarci. Un materasso
per dormire. È più di quanto molti esseri umani
possono permettersi. Naturalmente non
sarà facile. Abituati ad avere più del necessario,
il semplice necessario sembrerà insufficiente.
Questa decisione nasce dalla presa di coscienza
che il prezzo del nostro benessere è la riduzione
in miseria di altri esseri umani. È facilmente
dimostrabile: se dovessimo garantire a tutti
gli uomini il tenore di vita europeo o americano
avremmo bisogno di cinque pianeti. Ma
siccome ne abbiamo soltanto uno, noi occidentali
ci siamo presi, da un secolo a questa parte, il
diritto di mettere le mani sulle risorse naturali
dell’altra parte del mondo e di saccheggiarle a
piacimento. Per evitare intralci abbiamo poi
lavorato assiduamente per impedire che in
quei Paesi crescessero democrazia, autonomia
economica e diritti umani. Ecco perché i Paesi
poveri continuano a restare poveri.
Se Europa e Stati Uniti dovessero pagare
equamente le risorse prelevate dal Terzo
mondo, i prezzi in casa nostra crescerebbero
e dovremmo rinunciare a buona parte delle
nostre abitudini consumistiche. Il costo della
vita qui da noi è alto, ma costerebbe ancora
di più se i Paesi poveri potessero mettere al
centro della loro economia i loro bisogni invece
che i nostri. Per questa ragione nessuno
in Occidente sembra prendere sul serio una
prospettiva del genere.
Ecco dunque la nostra decisione: staremo
in una tenda per dire che non siamo disposti
ad accettare un sistema che procura benessere
a noi provocando sofferenza a qualcun altro. Si
tratta di un segno temporaneo, fino a Pasqua.
Poi si vedrà. In ogni caso, bisognerà mettere a
punto stili di vita coerenti con questa intuizione.
Intanto con questo gesto vogliamo dire
che riconosciamo le nostre responsabilità di
fronte alla povertà del mondo. E che si può
essere felici anche con meno.
Ma le ragioni della nostra scelta non finiscono
qua. (…) La crisi economica, la migrazione
e il terrorismo sono frutti delle insane
politiche occidentali. Eppure, vengono usate
in Europa come argomenti per convincere
l’opinione pubblica a incrementare invece
di ridurre la politica muscolare della Nato e
a rinunciare alla “patetica” difesa dei diritti
umani. Per quanto le responsabilità dei nostri
Paesi siano clamorose e le vittime di questa
guerra siano soprattutto bambini, nessuno
sdegno pacista percorre più le strade d’Europa,
a meno che i morti siano europei, americani
o israeliani. I civili europei ammazzati
meritano cortei. Quelli mediorientali no.
Poche, anzi pochissime sono le voci che si alzano
contro la corsa europea agli armamenti e
gli interventi militari. (…)
Che cosa autorizza l’Europa a chiudere le porte
in faccia a gente che fugge da guerre che l’Europa
stessa ha contribuito a innescare? Com’è
possibile lasciare che le persone continuino ad
annegare senza che l’Europa decida uno straccio
di corridoio umanitario per la cui protezione
sì che servirebbe impiegare l’esercito? La
verità è che l’Europa è avida. Vuole le ricchezze
dei poveri, non i poveri. Ferma i profughi alle
frontiere, mentre da più di un secolo le oltrepassa
per spadroneggiare in casa loro. La verità è
che l’Europa non vuole più sottoscrivere i diritti
universali dell’uomo a cominciare dall’articolo 1:
“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in
dignità e diritti”. (…)
I poveri speravano che l’Europa fosse un
luogo dove l’umanità venisse prima della cittadinanza,
prima del benessere, prima delle
differenze religiose, prima di ogni altra cosa.
Si sbagliavano. Il pensiero diffuso è che la loro
situazione non dipenda da noi; che abbiamo
già i nostri grattacapi e che in fondo i poveri
siano la causa del proprio male. Al pari dei
singoli Paesi europei, anche i diversi settori
dell’amministrazione statale scaricano sugli
altri la responsabilità adducendo confusione
normativa, paventando rischi di terrorismo e
brandendo contro i poveri le croniche insufficienze dell’assistenza ai cittadini italiani.
Proprio così: usando i poveri di casa nostra
contro i poveri alla nostra porta. (…)
Noi sacerdoti non possiamo
rovesciare le sorti dei poveri. Però,
possiamo stare dalla loro parte. Possiamo
protestare e progettare azioni
concrete non violente a favore della
verità e della giustizia. Cominceremo
a stare in una tenda, perché se migliaia
di esseri umani possono essere
abbandonati per anni nella nostra
Europa in tendopoli improvvisate,
fangose, senza servizi (andate a Calais
in Francia per vedere e credere!),
perché mai noi, che siamo esseri umani
come loro, dovremmo abitare in
una casa? Noi pensiamo di non essere
più umani dei poveri perché ci debba
essere concesso qualcosa di più... Sapendo
oltretutto che loro hanno di
meno anche per colpa nostra. Se loro
non hanno diritto a una casa, allora
questo diritto non l’abbiamo neppure
noi. Non ci sembra un grande
affare perdere l’umanità comune che
ci lega ai poveri per godere del privilegio
della cittadinanza. Essere cittadini
è un onore. Ma se deve venire
prima della nostra comune umanità,
allora vi rinunciamo volentieri. Nella
tenda sarete i benvenuti.
I sacerdoti delle comunità di Ambivere, Mapello e Valtrighe - (BG)
La lettera è molto più lunga
e articolata.
Ho voluto pubblicarla perché
è una testimonianza concreta
di come si possa vivere la Quaresima,
condividendo concretamente
la stessa sorte degli “ultimi” della società,
quelli che sono ai margini e alle
“periferie esistenziali” come “scarti” di
umanità. E perché rende vere quelle
parole di papa Francesco, all’inizio
del Pontificato: «Ah, come vorrei una
Chiesa povera e per i poveri!». Per chi
dovesse, eventualmente, essere scettico
o critico di fronte a questa esperienza,
non c’è altro da consigliare che
accettare l’invito di questi sacerdoti:
«Nella tenda sarete i benvenuti».
D.A.