Preghiera nella moschea di Al Azhar (Reuters).
In Egitto, la battaglia del regime del presidente Al Sisi contro l'estremismo islamico non si svolge solo con la repressione poliziesca nelle strade o con le sentenze dei tribunali. Una lotta ancor più decisiva, anche se ai nostri occhi occidentali più sotterranea, si svolge sul terreno delle moschee e della predicazione religiosa.
L'ultimo, clamoroso provvedimento risale al 18 febbraio, quando il ministero per le Organizzazioni religiose ha decretato la chiusura immediata di tutti le sale di preghiera e i luoghi di culto di dimensione inferiore agli 80 metri quadrati. Da un giorno all'altro, 27 mila "moschee di quartiere", piccole moschee improvvisate anche in garage, magazzini o appartamenti hanno perso il diritto di esistere.
I sostenitori del provvedimento dicono che queste micro-moschee improvvisate, fuori da ogni controllo, sono il terreno prediletto dei predicatori estremisti e il principale sistema di reclutamento delle organizzazioni terroristiche o simpatizzanti per il terrorismo di matrice islamica. In loro soccorso sono arrivati anche i teologi, i quali hanno ricordato che le cinque preghiere quotidiane possono essere svolte anche in luoghi informali, mentre le preghiere del venerdì e delle feste islamiche devono essere svolte in una vera moschea. I contrari (per esempio, il partito salafita Nur) ribattono che buttar fuori tanti fedeli senza dar loro un'alternativa è un ottimo sistema per incentivare la rabbia e l'estremismo.
La questione è delicata, anzi esplosiva. Infatti lo stesso Governo egiziano, insieme con quel provvedimento, ne ha approvato un altro per dare a 400 predicatori salafiti (movimento dell'islam radicale) il diritto, appunto, a predicare in moschea senza sostenere prima alcun test o esame ma solo impegnandosi a non trattare temi politici durante i loro sermoni.
Anche questa decisione ha suscitato polemiche, perché fino all'agosto del 2013 gli unici imam autorizzati a predicare in moschea erano quelli "diplomati" presso la grande moschea di Al Azhar, massima autorità dell'islam egiziano e sunnita insieme, negli ultimi tempi nota anche da noi per la decisa condanna degli atti terroristici come quello contro la redazione di Charlie Hebdo a Parigi. Per attutire la cosa, il Governo ha istituito una commissione che manderà degli "ispettori" ad ascoltare le prediche dei nuovi imam e a controllare che esse siano "politicamente corrette".