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venerdì 11 ottobre 2024
 

«Anch’io, figlia della custode del cimitero, ho qualcosa da dire sul video di Emma»

Sono la figlia di Celestina Vittorandeli, ultima custode del cimitero di Busto Arsizio a cui ha dato con amore trentacinque anni della sua vita. È passato così tanto tempo da allora, ma credo che non sarebbe stata d’accordo con il video di Emma Marrone. Mamma mi ha educata, se pur piccola, a rispettare il campo santo e il silenzio, come forma di ossequio per i morti e il luogo. Nel silenzio si impara a guardare luci, colori e suoni di quel meraviglioso scenario architettonico.
SIMONA CACCIA (BUSTO ARSIZIO, VA)

Simona fa riferimento a In Italia 2024, il video remake del brano In Italia del rapper Fabri Fibra, uscito nel 2008 e girato con Gianna Nannini. I due brani, che a distanza di 16 anni si sviluppano sulla stessa musica e sono girati in bianco e nero, vogliono mettere in evidenza i problemi dell’Italia di ieri e di oggi e il suo immobilismo. Per fare ciò Fibra si serve di voci (Emma Marrone, che nel ritornello sostituisce la Nannini, e il rapper Baby Gang) e di molte ambientazioni in luoghi abbandonati, che trasmettono una certa sensazione di disagio. Fra queste vi è anche una sezione del cimitero di Busto Arsizio (nel 2008 alcune immagini erano state girate invece nel cimitero del Verano a Roma), opera dell’artista Luigino Ciapparella – esponente di spicco dell’“architettura brutalista”, corrente architettonica degli anni ’50 che usa la rudezza del cemento a vista – sul cui sfondo la Marrone canta il ritornello: «Ci sono cose che nessuno ti darà (Ti darà). Sei nato e morto qua, sei nato e morto qua. Nato nel paese delle mezze verità».
Detto che il Comune ha autorizzato a girare le scene (pare senza compenso) e che il cimitero serviva evidentemente per rappresentare il senso del ritornello, la scelta del rapper ha certamente l’effetto di togliere il sapore del sacro silenzio e del mistero della morte che anima quei luoghi di preghiera e meditazione. Ma, vedendola da un altro punto di vista, fa conoscere comunque un’opera d’arte sconosciuta ai più (compreso il sottoscritto). Resta l’invito, anche ai più giovani, di frequentare i propri cari defunti nei cimiteri e di pregare sulle loro tombe. Serve forse più a noi che a loro.


14 marzo 2024

 
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