Nel 2008 lessi un libro edito nel 2002 dal titolo Economia all’idrogeno, di Jeremy Rifkin, molto articolato nelle sue argomentazioni e ricco di riferimenti bibliografici. L’autore preconizzava una nuova era in cui l’uso dell’idrogeno, l’elemento più semplice e abbondante dell’universo, avrebbe risolto una volta per tutte il fabbisogno energetico globale, insieme alla totale decarbonizzazione dei combustibili.
Mi colpì il fatto che nel n. 25 del 2008 della vostra rivista un articolo si concludeva con questa frase venata di pessimismo per le sorti del pianeta Terra: «Post scriptum: quanto ai motori a idrogeno e alla meravigliosa era decantata dal filosofo economista Jeremy Rifkin, meglio non farsi illusioni: non arriveranno prima del 2050 e a quel punto, per noi e per il nostro malandato Pianeta, potrebbe essere troppo tardi».
Dopo vent’anni dall’uscita del libro, in un momento storico segnato dalla tragedia ucraina che ha messo a nudo drammaticamente la nostra dipendenza dal metano russo e i nostri errori e omissioni in campo energetico, mi domando e vi domando se Rifkin sia un utopista sognatore o se possa considerarsi un profeta della nuova era energetica.
PAOLO LORENZONI - Rieti
Caro Paolo, in quel famoso e ormai datato saggio Rifkin affrontava gli scenari allora prevedibili per il futuro del consumo di energia nel mondo, alla luce della sempre maggiore richiesta di questo bene essenziale per l’uso domestico e industriale. L’emergenza climatica non era ancora all’ordine del giorno come lo è oggi.
Lo stesso autore rilevava il tanto tempo che era allora necessario per sostituire progressivamente il petrolio e gli idrocarburi, con il carico di inquinamento che comporta, con l’idrogeno. Il quale, non esistendo in natura, necessita di processi di produzione complessi, che richiedono l’uso di molta energia. Rifkin adattava il funzionamento di Internet, in cui ognuno è in rete nella produzione e fruizione di contenuti, alla possibilità di ciascun attore del sistema economico (aziende e privati) di produrre e consumare energia attraverso una rete di interconnessione mondiale, chiamata EWW (Energy Worldwide Web), in cui produrre e utilizzare energia pulita mettendo, appunto, in rete quella che avanzava dai propri consumi.
La profezia si è almeno in parte avverata: l’energia verde a impatto ambientale zero (eolica, solare, geotermica ecc.) sta crescendo in Italia, anche se molto meno rispetto al fabbisogno, e qualcuno riesce perfino a immetterla in rete. Quanto all’idrogeno, la vera sfida è produrlo non con idrocarburi fossili, come avviene oggi, ma con energia pulita. La produzione sostenibile di idrogeno è diventata una priorità all’interno del piano Next Generation Europe: l’Italia ha, quindi, previsto nel Pnrr uno stanziamento di 3,2 miliardi di euro per la ricerca, la sperimentazione, la produzione e l’utilizzo di idrogeno