È una vita che Eugenio Borgna si affaccia sugli abissi dell'interiorità, di quella dimensione più nascosta e profonda di ogni persona nella quale è custodita la verità su noi stessi. Psichiatra di fama, Borgna, che oggi ha 84 anni, non ama atteggiarsi a guru, a "illuminato" capace di rivelare intuizioni fondamentali - come non disdegnano di fare molti suoi colleghi oggi in voga - perché gli è più consono il silenzio, l'ascolto, la relazione al di fuori dei palcoscenici.
Per chi ancora non lo conoscesse, è stato fra i primi, insieme a Basaglia, a opporsi a una spiegazione puramente naturalistica delle "malattie dell'anima" e al ricorso all'elettroshock, battendo invece la strada - certo più difficile e impegnativa - dell'incontro con il paziente. La sua è una psichiatria gentile, dal volto umano. La lunga esperienza all'Ospedale maggiore di Novara, in particolare, lo ha portato a vedere nei malati sempre e comunque una persona , con la quale intessere pazientemente un dialogo, nel quale anche il cuore più malato può rivelare tesori di umanità.
Non stupisce che molti dei suoi libri fin dal titolo chiamino in causa quelle che l'opinione corrente considera patologie - la follia, la schizofrenia, l'ansia, la malinconia - connotandole però in senso positivo: certo, il paziente va curato, senza dimenticare però che sono le persone più sensibili a essere più esposte alle tempeste della vita. E che difficilmente una persona sensibile e fragile si mostrerà violenta o aggressiva.
L'ultimo libro di Borgna si intitola Il tempo e la vita (Feltrinelli) ed è un affascinante viaggio nell'esperienza del tempo, alimentata tanto dall'esperienza terapeutica quanto da ricche e vaste citazioni letterarie (da Emily Dickinson a Rilke, da Leopardi a Proust, da Teresa d'Avila a Simone Weil...). È molto bello il passaggio autobiografico in cui Borgna ricorda quando, durante la guerra, con il padre partigiano a combattere sui monti, la famiglia fu costretta ad abbandonare la casa e a rifugiarsi in un luogo più sicuro: lì ebbe luogo l'intuizione del tempo nell'accezione agostiniana. Una cosa è il tempo degli orologi, ben altra quello interiore, quello soggettivo, che scandisce passato presente e futuro secondo logiche connesse alle emozioni, ai sentimenti, ai ricordi, alle speranze di ciascuno...
Per coltivare la speranza, senza la quale non si può vivere, bisogna instaurare un rapporto fecondo con il proprio passato: la memoria del futuro è condizione per una vita serena e felice. La noia si combatte con l'impegno, la partecipazione, il coinvolgimento in una comunità. L'uomo d'oggi si lascia annichilire dal presente, interrompendo la ciclicità naturale del tempo. Poco aiutati dalla famiglia e dalla scuola, stregati della tecnologie, i giovani arrancano.
Abbiamo bisogno, tutti, di più silenzio (al quale, non a caso, è dedicato il capitolo finale del libro), di rapporti autentici, di ascolto reciproco. Soprattutto, bisogna riscoprire il valore dell'interiorità, immergersi in essa: solo così eviteremo di perdere la parte migliore dell'esistenza.