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giovedì 17 aprile 2025
 

«Fan della Messa in latino? Non siamo né complottisti, né putinisti, né sedevacantisti»

Papa Giovanni XXIII. Firmò il decreto sul Messale romano il 2 febbraio 1962 in Vaticano (foto ANSA)
Papa Giovanni XXIII. Firmò il decreto sul Messale romano il 2 febbraio 1962 in Vaticano (foto ANSA)

Reverendo Direttore, sono rimasto molto colpito e deluso da quanto da lei scritto su FC n. 9 a proposito dei cosiddetti “contestatori di Francesco e ultracattolici”. Già la didascalia dell’immagine dimostra che la redazione non prova alcuna simpatia per la celebrazione coram Deo (che non è affatto una prerogativa esclusiva del Messale tradizionale), nella quale il sacerdote non dà affatto le spalle all’assemblea (stantia affermazione ideologica degli anni Sessanta) ma è, con essa, rivolto al Signore, come nella Chiesa antica. Inoltre, chi ama veramente il rito tradizionale ama la dottrina (che è immutabile), ama la Chiesa, ama il papa felicemente regnante; non vi è dunque nulla da spartire con complottisti vari (novax, fan di Putin...) o scismatici sedevacantisti. Purtroppo, l’ideologia verso coloro che vivono, rimanendo nella Chiesa, la liturgia tradizionale è ancora forte, soprattutto da parte del clero e del laicato non particolarmente giovane.

PROF. L. FARINA

Caro professore, nella mia risposta parlavo dell’impossibilità di fare di tutta l’erba un fascio e di classificare in maniera perentoria Messa in latino, nessuna antipatia posizioni e idee che variano tantissimo nell’ambito di quella ampia e variegata fascia di credenti che va dai contestatori di papa Francesco ai cosiddetti tradizionalisti.

Per questo non posso dubitare che, tra chi partecipa alle sante Messe tridentine (celebrate cioè con il Messale promulgato nel 1962 da papa Giovanni XXIII, antecedente alla riforma liturgica del Concilio Vaticano II), ci sia anche chi ama l’attuale Papa. Né, tanto meno, posso mettere in dubbio la fede di chichessia. Lungi da me.

Tuttavia, se il Motu proprio Traditionis custodes del 2021 chiede che i vescovi locali accertino nei gruppi che celebrano secondo il Messale sopra citato che questi «non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici» e se la consultazione della Congregazione per la dottrina della fede, che era stata previamente incaricata di consultare i vescovi di tutto il mondo proprio su questo tema, ha indotto il Papa a regolare in maniera più restrittiva l’uso di quel Messale, qualche problema in termini di “concordia e unità della Chiesa” dovrà pur esserci.

Riguardo alla immutabilità della Tradizione, ricordo quanto dice il Concilio Vaticano II: «La Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo: cresce infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, sia con la contemplazione e lo studio dei credenti che le meditano in cuor loro, sia con la intelligenza data da una più profonda esperienza delle cose spirituali, sia per la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma sicuro di verità» (Dei Verbum 8).


12 marzo 2025

 
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