Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
martedì 22 aprile 2025
 
Le regole del gioco Aggiornamenti rss Elisa Chiari
Giornalista

Fuori dal mondo

Di solito, ma raramente, succede in caso di palla dubbia: capita che lo svantaggiato ammetta che l’avversario aveva ragione, che la palla era buona, che il punto è dell’avversario. I più fanno gli gnorri e sperano di incassarlo, se poi va male amen, avevano visto male. I meno attrezzati in fatto di sportività fanno il diavolo a quattro per accaparrarsi il punto, pur sapendo di avere torto marcio. Era la specialità dei Connors e dei McEnroe, campioni e maledetti, amati anche per quello. In anni recenti, da quando la tecnologia smaschera i cinici e i bari, ci si impunta di meno: in caso di dubbio – dubbio vero a proprio favore – si chiede la verifica tecnologica e la controversia cade lì.

Quello che invece non accade mai è che si chiami l’arbitro per segnalare di aver ricevuto un punto a favore per sbaglio: un punto contestato da nessuno, di cui nessuno si sarebbe accorto.  E’ accaduto ieri notte a Perth in Australia. Jack Sock giocava contro Leyton Hewitt: quando Hewitt ha battuto e sul 5-4 0-30 per Hewitt del 1° set, un punto importante, in grado di cambiare la direzione alla partita, l’arbitro gli ha chiamato fuori la prima palla di servizio e Sock tra gli sguardi increduli di tutti, arbitro e avversario per primi, ha alzato un ditino per dire: “No, era buona”.

Hewitt a quel punto era già pronto a battere la seconda palla: era una prima di servizio, Hewitt non avrebbe perso il punto, a meno che non avesse sbagliato la seconda. Ma Sock ha insistito. Solo allora Hewitt ha chiesto il “challenge”, il controllo elettronico e l’occhio tecnologico ha confermato che Sock aveva visto bene: la palla era buona. Ace. Punto per Hewitt. A quel punto il pubblico che prima rideva ha cominciato ad applaudire a un gesto di sportività che fin lì era sembrato paradossale, incredibile: fuori dal mondo. Una cosa piccolissima, un punto al tennis in una partita che conta relativamente poco, che però, per  converso, la dice lunga su com’è di solito il mondo nelle cose più grandi: non così, diverso. Diverso da Sock.


07 gennaio 2016

 
Pubblicità
Edicola San Paolo