Una donna palestinese presso il valico con l'Egitto a Rafah, nella Striscia di Gaza (Reuters).
Qualche settimana fa, la Jihad islamica annidata a Gaza ha sparato verso Israele un centinaio di razzi in meno di ventiquattro ore; e Israele ha risposto bombardando i siti sospetti nella Striscia. Nulla di nuovo, in apparenza, nulla di diverso da quanto è successo decine di volte negli ultimi anni, anche se lo scontro del 14-15 marzo è stato uno dei più intensi dal ritiro unilaterale degli israeliani da Gaza nel 2005.
Eppure, dietro l'apparente "normalità", si celano diversi fatti nuovi. L'Egitto dei militari ha chiuso i tunnel della Striscia, ha molto ristretto il transito per il valico di Rafah e ha messo Hamas sulla lista nera delle organizzazioni terroristiche. Di fatto, una dichiarazione di guerra, provocata anche dalla partecipazione dei palestinesi ai disordini nel confinante deserto del Sinai che tanto preoccupano il Governo del Cairo. Il blocco ha ulteriormente degradato le condizioni di vita degli abitanti di Gaza (1,7 milioni di persone): la disoccupazione è al 39%, c'è scarsità di tutto, muoversi dalla Striscia è quasi impossibile.
Questa situazione sta indebolendo il controllo di Hamas sulla Striscia. Da un lato ciò avviene a favore di Al Fatah e Abu Mazen, che al momento non possono approfittarne perché impegnati nelle trattative con Israele e perché comunque impegnati dalla strategia espansionista, tramite gli insediamenti, dello stesso Stato ebraico.
Dall'altro, a guadagnarci è la Jihad Islamica appoggiata dall'Iran. Hamas, che in questo momento tutto cerca tranne il confronto militare, ha dovuto subire l'offensiva dei razzi lanciata dai jihadisti senza potersi unire allo scontro (per la ragione di cui sopra) ma senza poter sconfessare i lanci, per non passare da "trattativista" nei confronti di Israele. Uno stallo, insomma, in cui Hamas perde comunque.
Con un altro fattore di non poco conto: per la prima volta, gli artiglieri della jihad sono riusciti a sparare una grande quantità di razzi senza che alcuno dei loro fosse colpito dai droni o dai caccia di Israele. Una novità che non cambia l'equilibrio militare tra le parti ma che certo incoraggia le azioni dei terroristi e fornisce loro qualche utile insegnamento.