Papa Francesco parla spesso di povertà, di «una Chiesa povera
e per i poveri». Espressione da leggere non con la lente della
demagogia mediatica. Certo, è doveroso evitare sprechi e spese
inutili, come pure è importante la trasparenza amministrativa,
ma chi vuole una Chiesa priva di denaro, in fondo spera che essa
scompaia dalla scena pubblica. Sarebbe, infatti, impossibilitata
ad aiutare i poveri, fallirebbero le opere di carità nazionali
e internazionali, le missioni nel Terzo mondo, le scuole
cattoliche, né si potrebbero riparare o costruire nuove chiese.
Nel corso dei secoli, i fedeli cattolici hanno lasciato i loro beni
alla Chiesa perché potesse svolgere la propria missione. I mass
media hanno spesso parlato degli immobili che la Chiesa
possiede a Roma, ma pochi hanno spiegato che gli introiti degli affitti servono per sostenere i missionari
e le loro attività nei Paesi poveri. Così,
si alimenta solo la convinzione che
la Chiesa è ricca e spreca le sue risorse.
A me non danno fastidio le esortazioni
del Papa, ma le strumentalizzazioni
che se ne fanno. O gli eccessi di zelo di
qualche “prete di strada” che suggerisce
di vendere i paramenti sacri, i calici e
perfino le canoniche per dare il ricavato ai poveri. Credo che Famiglia
Cristiana dovrebbe essere più chiara sul significato di «Chiesa povera
e per i poveri».
Loriano D.
Gli eccessi sono sempre deleteri. Il pauperismo esasperato, fine a sé stesso,
non ha alcun valore. Ma è altrettanto dannoso trovare giustificazioni e alibi
per mantenere inalterati comportamenti mondani, ammantati e giustificati
da false idealità. Credo non tocchi a me o a Famiglia Cristiana spiegare che cosa
voglia dire l’espressione di papa Francesco: «Una Chiesa povera e per i poveri
». Il Vangelo è estremamente chiaro, basterebbe leggerlo per comprendere
quale valore il Signore attribuisce ai beni terreni e quale atteggiamento devono
avere i seguaci di Cristo verso gli ultimi. Non basta predicare la povertà
stando comodi nel lusso dei propri palazzi, con tavole imbandite di ogni ben
di Dio. È fin troppo facile, ma poco evangelico. Essere vicino ai poveri vuol dire
“farsi prossimo“ con chi vive nelle periferie geografiche e dell’esistenza. I poveri
non sono un “fardello” fastidioso, ma i nostri fratelli prediletti.