All’ultimo V-day Beppe Grillo ha arruolato tra i Cinque Stelle anche il Papa: “Francesco è un grillino”, ha detto. Cosa c’era di più facile dal punto di vista del marketing politico? Facilissimo tirare un pontefice per la tonaca ai fini elettorali e populisti. Un po’ meno stare ad ascoltarlo e comportarsi di conseguenza. Il problema è che in politica la distanza tra le dichiarazioni di cattolicità o di omaggio alla Chiesa crescono di pari passo con la distanza accumulata con i programmi e le promesse (non parliamo poi delle leggi e degli atti amministrativi).
Prendiamo il Movimento Cinque Stelle del demagogo devoto Beppe Grillo e del millenarista e orgogliosamente populista Gianroberto Casaleggio: sono contrari alla cittadinanza dei minori figli di extracomunitari nati sul suolo italiano, come imporrebbe non solo il Vangelo, ma anche il buon senso. Così contrari da bacchettare pubblicamente due deputati pentastellati che non la pensano come loro. E anche sull’amnistia nessun cedimento, nessun atto di pietà di fronte a una popolazione carceraria di oltre 60 mila persone che vivono come topi in uno spazio di tre metri per due, al punto che l’Unione europea ci multerà per violazione dei diritti umani. Eppure non c’è bisogno di salire su un sicomoro per capire che le ragioni del Vangelo anche in politica vengono prima del marketing.