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lunedì 17 marzo 2025
 

«Guerra in Ucraina: sporchiamoci le mani per i nostri valori»

Egregio direttore, ho 46 anni e sono una persona non vedente a causa di un pregresso macro adenoma ipofisario scoperto nel 2006. Come ciascuno di noi, vivo anche io questi giorni e ore nell’incredulità per ciò che sta avvenendo. È un sentimento paragonabile allo smarrimento. Di fronte alle cronache quotidiane che ci arrivano dal “fronte” non posso che provare lo stesso sentimento che “leggevo” negli occhi di mia nonna mentre, quando ero ragazzo, mi raccontava della guerra... Peccato che mia nonna non c’è più, mentre quei terribili racconti continuano ancora oggi. A volte, vigliaccamente, mi viene voglia di spegnere la televisione e di cercare “rifugio” nel silenzio. Questa guerra chiama direttamente in causa le nostre coscienze e non sarà un sms o un pacco di farina da donare a farci stare meglio. Le grida che provengono dall’Ucraina sono le grida di una storia che, purtroppo, si ripete e che ci impone di essere uomini e donne responsabili, uomini e donne che non sono più disposti a girarsi dall’altra parte ma, per citare don Milani, pronti a sporcarsi le mani per i valori e gli ideali in cui credono. STEFANO

Caro Stefano, anche mia mamma ha vissuto da bambina la guerra e, grazie a un suo capriccio (volle una sera a tutti i costi, durante un bombardamento, che mia nonna portasse lei e i suoi fratellini in riva al Po per vedere i traccianti della contraerea), si sono salvati tutti, perché in quel mentre una bomba ha colpito la loro casa.

I ricordi dei nostri cari ci colpiscono sempre, ma, evidentemente, non abbastanza per fare memoria che le guerre, come ogni giorno ci ricorda papa Francesco, sono una follia senza ritorno, una bestemmia a Dio, un segno della prepotenza e della volontà di dominio dell’uomo sull’uomo. Vere azioni sataniche, divisive, distruttive. Anche noi possiamo fare qualcosa, certo, oltre ai necessari e sempre benvenuti aiuti materiali a chi soffre. Possiamo, come dici tu, rimettere al centro l’uomo.

A partire da quello che è vicino a noi, quello che ci insidia, che ci disturba. Occorre, invocando la pace che Gesù “soffia” sui suoi dopo la Risurrezione (Giovanni 20,19), disarmare il nostro “uomo armato” interiore, quello che scatta in risposta a ogni attacco, vero o presunto. Occorre, come dice san Paolo (2Corinzi 5,18-21), lasciarci riconciliare con Dio. Solo così pacificati e coscienti di essere voluti e amati da Dio in modo gratuito, non dovremo più preoccuparci di “farci giustizia” da noi, perché saremo diventati noi stessi “giustizia di Dio”, cioè giustificati, destinatari del-la giustizia (intesa come salvezza) del Figlio.

Dobbiamo fare solo una cosa: accettare questo dono. Per entrare in questa prospettiva occorre fare la fatica di capire le ragioni dell’altro, cercando di trovare un linguaggio comune. È proprio quello che auspichiamo che accada tra Ucraina e Russia


26 aprile 2022

 
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