Caro don Antonio, vorrei raccontarle la
gioia che ho provato quando ho deciso
di aprire la casa e accogliere quattro
nordafricani. Mi sento provocata
dalle immagini degli sbarchi che
vedo in Tv. Non posso non commuovermi
di fronte a quella gente stipata nei barconi,
ammassati in attesa di una destinazione.
Non posso non guardare quei volti disperati
e ignorare che quegli uomini e quelle donne
con bambini hanno venduto tutto, a volte anche
parte del proprio corpo, per avere un posto
sulle “carrette del mare” pur di scappare dalla
fame e dalla guerra. Non posso andare a dormire
serena o sedermi a tavola mentre loro
affogano in mare. No, come cristiana, non
posso far finta di nulla. Non potrei più recitare
il Padre nostro. Certo, non tutti hanno la
possibilità di ospitare degli immigrati, ma una
cosa ciascuno di noi può fare: rispettarli!
Se quella persona stipata nella barca fosse
mia madre o mio fratello, come agirei? Mi verrebbe
spontaneo tendere una mano e salvarla.
Di fronte a tante tragedie umane, alle bare
senza nome, ai corpi trasportati dalle onde o
avvolti da teli, bisognerebbe far silenzio e avere
sentimenti di compassione e umanità. Perché
chiudere la porta, perché giudicarli senza
nemmeno conoscerli? Papa Francesco dice
che il benessere ci ha portato alla globalizzazione
dell’indifferenza. Ma se noi cristiani
non abbiamo più amore verso il prossimo fatto
di disperati, dove andremo a finire? Questi
sono dei “poveri cristi” rifiutati, flagellati, torturati,
che bussano alle porte di casa nostra.
Premesso che amo gli animali e che in casa
ne ho una decina tra cani e gatti, vorrei fare un
paragone, anche se a qualcuno potrà sembrare
fuori luogo. Dall’inizio dell’estate la Rai manda
in onda uno spot contro l’abbandono degli
animali, sostenuto da tanti divi della Tv. Perché
non si fa altrettanto con le persone? Perché
questi bei personaggi, amanti degli animali,
non si prestano a fare degli spot contro
la xenofobia, il razzismo e l’“abbandono” di essere
umani? Gli immigrati, solo perché neri,
disperati e malmessi, valgono forse meno
dei nostri cari animali? Io ho accolto quattro
giovani africani, e ne vorrei altri, perché la loro
presenza sta arricchendo (non parlo economicamente)
molto la mia vita e il mio essere cristiana.
LUCIANA S. – Padova
Se non possiamo aiutarli e
accoglierli in
casa, come fa Luciana, almeno rispettiamoli
e non facciamoli oggetto di volgari
aggressioni verbali («scimmia africana»), com’è avvenuto a Fermo nelle
Marche. Emmanuel, migrante nigeriano
di 36 anni, è morto a seguito di una rissa con un
giovane italiano. Quest’ultimo aveva pesantemente
offeso la sua giovane moglie Chinyere
mentre passeggiavano per strada. Assieme a
un centinaio di altri stranieri, vivevano nella comunità
di don Vinicio Albanesi, nel seminario di
Fermo adibito all’accoglienza.
Triste destino il loro: dopo essere scampati
alla persecuzione di Boko Haram in Nigeria (dove
in un attentato sono morti alcuni loro parenti),
alle sevizie dei torturatori in Libia, ai pericoli della
traversata nel Mediterraneo, finalmente pensavano
d’essere salvi e di rifarsi una vita in Italia.
Ma in quella stessa terra che li ha accolti è finito
anche il loro sogno di un futuro migliore, per
mano di chi è cresciuto in una cultura xenofoba
e in un clima di odio verso gli stranieri. «Dietro
la mano che ha ucciso Emmanuel c’è un fiume
di parole d’odio razziale. Parole che rigurgitano
dai social network, ma anche pronunciate da leader
politici complici di alimentare la rabbia», ha
detto l’ex ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge,
fatta anch’essa oggetto di aggressione verbale
da un rappresentante delle istituzioni. Ma quell’episodio,
gravissimo per le conseguenze e l’impatto
sull’opinione pubblica, fu rapidamente archiviato
dai colleghi parlamentari, con irresponsabile
leggerezza. L’Italia non è un paese xenofobo, ma
ci sono tante sacche di razzismo alimentate dal
populismo di chi specula sul malcontento per un
pugno di voti in più alle elezioni.
A problemi reali, si danno purtroppo risposte
sbagliate. E i mass media ne sono complici
quando soffiano sul fuoco, dando sempre addosso
agli stranieri, che considerano all’origine di tanti
nostri mali quali degrado e criminalità, ma anche
dei problemi economici e sociali. Un’informazione
seria e responsabile dovrebbe evidenziare anche
gli aspetti positivi di integrazione. Come ha
fatto di recente il presidente dell’Inps, Tito Boeri,
che nel suo rapporto annuale ha sottolineato
come in termini di contributi sociali gli stranieri
versano molto di più di quanto ricevono in pensioni
sociali. Versano otto miliardi all’anno e ne ricevono
soltanto tre di ritorno, “regalando” al Paese
cinque miliardi di contributi netti.
Allo stesso modo, andrebbero sconfessati i luoghi
comuni e pregiudizi su cui si alimentano paura e
rabbia dei cittadini. I recenti dati Istat mostrano che
non è affatto vero che gli immigrati “rubano” il
lavoro agli italiani, perché dove calano gli occupati
italiani non aumentano i lavoratori stranieri.
Questi vanno a occupare quelle professioni che i nostri
non vogliono più fare. Papa Francesco, commentando
la parabola del Buon samaritano, ha detto:
«Dio è nel migrante che tanti vogliono cacciare via. I
migranti non sono un pericolo, ma in pericolo». Vittime
di un clima di intolleranza, discriminazione e
istigazione alla violenza anche verbale, che spinge a
irreparabili gesti di barbarie e disumanità.