Come furono i giorni di Noè, così sarà
la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti,
come nei giorni che precedettero
il diluvio mangiavano e bevevano,
prendevano moglie e prendevano
marito, fino al giorno in cui Noè entrò
nell’arca, e non si accorsero di nulla
finché venne il diluvio e travolse tutti:
così sarà anche la venuta del Figlio
dell’uomo. [...] Perciò anche voi
tenetevi pronti perché, nell’ora che non
immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Matteo 24,37-44
ENTRIAMO NELL’ARCA DELLA CHIESA VIGILANTE NELL’ATTESA
Il discorso sul ritorno del Figlio
dell’uomo, spesso fatto coincidere
con la fine dei tempi, inizia con
una domanda sul “quando”
accadranno queste cose (Mt 24,3). Gesù risponde
semplicemente esortando a stare svegli,
a non lasciarsi prendere dalla paura,
perché “quel giorno” segnerà l’inizio della
liberazione dell’umanità (Lc 21,28).
Il Vangelo di oggi insiste però sul “come”
accadrà tutto questo.
Gesù sembra
avvertirci che la sua seconda venuta
non sarà così improvvisa e non coglierà
impreparati se non coloro che non avranno
vigilato su sé stessi e sulla propria fedeltà
all’alleanza che Dio ha reso nuova
ed eterna nel sangue di Gesù in croce.
Sarà come ai giorni di Noè. L’alleanza
tra il Creatore e la creazione era andata
allora smarrita nel cuore dell’uomo che
viveva nella distrazione e nella
dissipazione dei doni di Dio:
«Il Signore vide
che la malvagità degli uomini era grande
sulla terra e che ogni intimo intento del
loro cuore non era altro che male, sempre.
E il Signore si pentì di aver fatto l’uomo
sulla terra e se ne addolorò in cuor
suo. Il Signore disse: “Cancellerò dalla
faccia della terra l’uomo che ho creato e,
con l’uomo, anche il bestiame e i rettili e
gli uccelli del cielo, perché sono pentito
di averli fatti”.
Ma Noè trovò grazia agli
occhi del Signore» (Gen 6,5-8).
Mi sembra immediata la domanda
sui nostri giorni, sulla loro “qualità evangelica”.
Per la verità, c’è tanto bene nel
mondo, non mancano donne e uomini di
buona volontà che hanno preso su di sé
la responsabilità di annunciare la pace
(cfr. Lc 10,5) e di vivere nella giustizia.
C’è dunque un Noè (più di uno!) che ancora
oggi può indicare il cammino della
vita e che si impegna a “costruire”
un’arca di salvezza,
un luogo di misericordia
non per pochi buoni, ma per l’umanità
intera, chiamata com’è a vedere come il
male che distrugge è stato definitivamente
vinto dal Signore risorto, anche
se rimane la necessità di respingerlo ancora,
questo male, e allontanarlo dai desideri
quotidiani di ciascuno di noi e dalle
decisioni dei grandi della terra e dei capi
delle nazioni.
L’Avvento, che oggi ha inizio, è un invito
a entrare nell’arca della Chiesa vigilante,
della Chiesa che vive l’attesa gioiosa
nella speranza certa di una salvezza
per ciascuno e nella penitenza per i peccati
di tutti, per la purificazione dei desideri
e delle decisioni delle persone semplici
come dei potenti. E così si spalanca
davanti a noi un tempo di intercessione
per il mondo, perché il vero e il bene siano
stimati e voluti, perché il Vangelo sia
amato e vissuto da noi discepoli del Signore
come segno attraente e occasione
concreta di testimonianza di fronte al
mondo. Sì, questo nostro mondo, immerso
nelle tenebre, vedrà spuntare una
grande luce (cfr. Mt 4,16), avrà una nuova
opportunità di speranza e di salvezza.
Come accadrà tutto questo? È la domanda
iniziale alla quale il Signore risponde
guardando anzitutto alla sua Chiesa,
a ciascuno di noi che siamo chiamati,
attraverso la voce di papa Francesco, a
spogliarci da ogni mentalità mondana
per essere veramente liberi di fronte al
Signore.
Lui, se ci troverà così, non verrà
come un ladro che scassina e ruba, ma sarà
carico dei doni della misericordia e della
santità: per questi doni già ci stiamo
mantenendo fedeli al suo Vangelo.