La mia esperienza, più che ventennale nella mia parrocchia milanese, fatta anche in altre parrocchie incontrate nel mio lavoro itinerante, mi ha convinto di due “punti deboli” della chiesa parrocchiale. Prima di tutto il fatto che molti sacerdoti e parroci, oberati dalle loro responsabilità rituali e burocratiche, non sanno più rivolgersi alla gente parlando loro di “vita reale” (sia nelle omelie, spesso di semplice esegesi, sia nelle pratiche quotidiane). Sono incapaci di uscire “fuori dalla ristretta cerchia parrocchiale”, come suggerisce papa Francesco. Pochi sono i preti come quel giovane parroco in bicicletta citato dal sig. Francesco, che mi ha fatto ricordare un sacerdote della mia parrocchia che, tempo fa, con la sua sgangherata Vespa girava per tutte le famiglie portando accoglienza e conforto. L’altro punto debole è costituito da quei gruppi di laici che da tempo si sono appropriati della conduzione parrocchiale e che, per non perdere i loro privilegi e il benvolere del parroco che a loro si appoggia, fanno il buono e il cattivo tempo, spesso mettendo da parte o addirittura ostacolando quei fedeli che vorrebbero partecipare con proposte e buona volontà.
GIULIO MARINO
Grazie per questa riflessione, che tocca due punti critici. Non si può generalizzare, ma queste considerazioni possono stimolare parroci e fedeli, anche in vista del Sinodo della Chiesa italiana. Su queste tematiche è appena uscito per Edizioni San Paolo un libro di don Lorenzo Blasetti intitolato La Chiesa come un fiume inquinato. Risalire alla sorgente, che vi invito a leggere. La sorgente a cui don Lorenzo fa riferimento è il Vangelo, Gesù Cristo. È una lettura stimolante, anche se non si concorda in tutto con l’autore. Una sua idea mi ha fatto riflettere, quando scrive che «la configurazione istituzionale della Chiesa si è sviluppata più a immagine e somiglianza delle istituzioni del potere umano che non sulla base della novità evangelica».