In passato mi è accaduto di celebrare solennemente il giorno dell’Annunciazione – che cade martedì 25 – a Siena, nello splendore di quel Duomo e “laicamente” nel Palazzo Comunale con i celebri affreschi di Simone Martini. L’elemento originale da commemorare era però, in quella città (come in altre della Toscana medievale e rinascimentale), la data che scandiva il Capodanno, legato appunto al mistero cristiano dell’Incarnazione. La figura di Maria «serva del Signore» è spesso evocata in questo Anno Santo. Anzi, tra alcuni mesi, domenica 12 ottobre, in connessione con la Vergine del Rosario sarà celebrato proprio il Giubileo della Spiritualità mariana.
Noi, nella festa del Signore dell’Annunciazione (tale è la definizione liturgica della solennità), vogliamo porre sulla ribalta la Madre di Cristo attraverso una particolare evocazione. Oltre ai più noti Pompei e Loreto, molti santuari diocesani sono stati dichiarati dai vescovi locali chiese giubilari. Anche accanto al mio luogo di nascita, Merate in Brianza, si leva fin dall’infanzia, la Madonna del Bosco di Imbersago, frequentato spesso anche da Angelo Roncalli, prima di divenire Giovanni XXIII: egli lo raggiungeva dal suo vicino paese natale Sotto il Monte.
Il vocabolo “santuario” rimanda ovviamente al termine “santo”, che ha come parallelo l’aggettivo “sacro”, senza però che siano del tutto sinonimi. La “sacralità”, infatti, è un dato oggettivo che riguarda lo spazio del tempio, gli oggetti e gli arredi del culto, il pane e il vino dell’Eucarestia e l’acqua del Battesimo, e lo stesso sacerdote che – come suggerisce la parola – è il gestore dei riti coi fedeli. La “santità”, invece è una qualità soggettiva della persona che aderisce a Dio nella fede e nell’amore attraverso un’esistenza giusta.
Ebbene, come quelli dedicati ai santi, il santuario mariano deve contenere in sé le due dimensioni del “sacro” e del “santo”. Da un lato dev’essere la sede della sacra liturgia, celebrata in modo esemplare. Secondo una costante tradizione storica, è anche un luogo di arte e di bellezza, attraverso architetture, dipinti e statue sacre. Per stare ancora a Siena, suggestivo è l’avvio degli Statuti d’arte degli artisti senesi del ’300: «Noi siamo coloro che manifestano agli uomini che non sanno leggere le cose miracolose operate per virtù della fede e narrate nelle Sacre Scritture».
D’altro lato, il santuario dev’essere soprattutto oasi di “santità”, offerta ai pellegrini attraverso le omelie, le catechesi, la lectio divina e i sacramenti, a partire da riconciliazione, dall’unzione degli infermi, dai riti penitenziali fino al vertice della celebrazione eucaristica. Come diceva san Giovanni Paolo II, nei santuari mariani prima di impetrare le “grazie” si deve domandare a Dio la “grazia”. La vera devozione mariana è centrata sul Cristo, come dichiarava sant’Ambrogio: «Maria non è il Dio del tempio, ma il tempio di Dio».