Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: «Terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce [...]». Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Matteo 4,12-23
GIORNO PER GIORNO ALLA SEQUELA DI GESU' MAESTRO.
La testimonianza di Giovanni Battista nei riguardi di Gesù si conclude con queste parole: «Lui deve crescere e io diminuire» (Gv 3,30). Proprio così: con il suo arresto Giovanni il profeta indietreggia e il Figlio di Dio inizia a calcare la scena percorrendo le strade della Palestina, in luoghi precisi, in un tempo determinato, abitando città e paesi in cui vivono uomini e donne il cui volto andrà delineandosi nel corso della narrazione evangelica.
Gesù ha lasciato Nazaret, dove aveva i suoi affetti, per iniziare una missione che il Battista descrive servendosi anche del linguaggio nuziale, così bello e significativo: «Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena» (Gv 3,29). La missione di Gesù è di congiungere l’umanità a Dio.
È un congiungimento così intenso per il genere umano e così profondo che da tempo i profeti (ultimo proprio il Battista) lo descrivevano con l’immagine delle nozze: Gesù è lo sposo dell’umanità, intimamente congiunto a ciascuno di noi, e noi siamo il popolo che, posto nelle tenebre a volte così dense della storia, invoca la sua luce, ormai così vicina da esigere che apriamo gli occhi e ci immergiamo nel vivo del cammino di conversione.
OPERE DI VITA NUOVA.
Nel suo Natale lo sposo ha ormai varcato le porte della nostra esistenza: bisogna allora che gli andiamo incontro con opere che aprano alla vita nuova, che egli porta “in dote” senza incorrere nel rischio di ritenerci suoi amici solo per tradizione o per abitudine. È lo stesso Giovanni che ce lo ricorda quando rimprovera così i farisei che accorrevano a lui: «Non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo» (Mt 3,9).
Dunque «il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce». Tutto inizia a corrispondere alla grandezza dell’annuncio a Maria, a Nazaret, e ai pastori, a Betlemme: Dio si fa più che compagno di cammino, perché in Gesù ci congiunge a sé dicendoci: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini».
Si tratta di un invito esigente e promettente: “seguire” il Signore, non precederlo ostentando una conoscenza della volontà di Dio che non abbiamo da noi ma che dobbiamo apprendere alla scuola di Gesù Maestro! Insieme però c’è la promessa di venir “associati” a un’opera di salvezza per la quale verremo mandati a chiamare gli uomini “alla vita”, della quale noi stessi siamo partecipi, per grazia, per scelta del Signore che ci ha congiunti alla chiamata di Andrea e Pietro, di Giacomo e Giovanni, che «subito lasciarono le reti e lo seguirono».
Seguire il Maestro è precisamente lo scopo che l’anno liturgico persegue nel “Tempo ordinario” come tempo di santità attraverso la quotidiana sequela del Signore Gesù.