Giovanni, che era in carcere, avendo
sentito parlare delle opere del Cristo,
per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli:
«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?».
Gesù rispose loro: «Andate e riferite
a Giovanni ciò che udite e vedete:
i ciechi riacquistano la vista, gli
zoppi camminano, i lebbrosi sono
purificati, i sordi odono, i morti
risuscitano, ai poveri è annunciato
il Vangelo. E beato è colui che non
trova in me motivo di scandalo!».
Matteo 11,2-11
LA FORZA DI UN DIO CHE CI AMA E CI COINVOLGE
La presenza di Gesù va riconosciuta
per quello che lui è veramente e la
nostra attesa di lui chiede di essere
purificata dalle molte immagini
e tradizioni che, radicate nella nostra
mente, possono affievolire e
spegnere la sorpresa per l’aspettativa
più autentica del Natale.
Giovanni attendeva un Messia-giudice.
E un po’ castigatore. Così l’aveva presentato
alla gente: «Tiene in mano la pala
e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento
nel granaio, ma brucerà la paglia
con un fuoco inestinguibile» (Mt 3,12).
Anche
la tradizione profetica leggeva l’aspettativa
in questo senso e la realtà storica
del tempo spingeva molti a invocare una
purificazione dei cuori e delle istituzioni
religiose e politiche: come si sa, Roma era
una presenza in tensione continua con le
tradizioni religiose del popolo, che non poteva
contare sui propri capi, divenuti corrotti
e collusi con il potere dominante.
Anche la nostra attesa corre due rischi:
quello di aspettarsi poco, molto poco
al di là delle emozioni e delle tradizioni
d’una festa, e quello di pensare che il Natale
prossimo potrà mettere a posto le cose
di questa nostra epoca travagliata. Non
manca chi forse vede già qualche segno in
questa direzione… Certo i nostri tempi
non sono facili: vi dominano egoismi e
personalismi; e noi ci troviamo smarriti e
confusi. Ci rendiamo conto che la nostra
è una fede fragile, troppo fragile.
IL VOLTO DI DIO.
Giovanni, racconta il Vangelo,
è in carcere. Forse ha la sensazione
di aver miseramente fallito e si pone tante
domande sul progetto che Dio ha a suo
riguardo. Non solo: gli parlano di Gesù e
gli riferiscono quello che dice e fa. Egli
parla di misericordia e di conversione
per entrare nel Regno dei Cieli, guarisce i
malati, frequenta i peccatori. Non mostra
il volto minaccioso del Dio-giudice.
Ed è qui che nasce una domanda gravida
di conseguenze: «Sei tu colui che deve
venire o dobbiamo aspettarne un altro?».
Se dobbiamo aspettarne un altro, la nostra
attesa durerà ancora a lungo e sarà faticosa!
Se invece sei tu, occorre che ripensiamo
quanto e come abbiamo creduto di
Dio e del suo agire nella storia umana.
A pensarci bene molti di noi condividono
questo dubbio: veniamo da tempi
che, pur non così vicini – mi riferisco ai
decenni prima del Concilio –, ci hanno trasmesso
l’idea di un Dio che tutto vede, tutto
scruta, su tutto domina… per giudicare
e punire. Forse non ci siamo ancora liberati
da queste angustie, figlie di una fede
che sprigiona più paura che amore a Dio.
Una fede così ha avuto spazio in tempi
passati per ragioni che sarebbe lungo spiegare
ora; ma la lettura del Vangelo e la
comprensione del senso più profondo del
mistero che celebriamo nei sacramenti dovrebbero
suscitare in noi una grande fiducia
e una speranza liberante
e confortante: l’agire di Gesù, così misericordioso,
il suo cercare il peccatore per condurlo a
salvezza devono diventare il fulcro della
festa ormai prossima.
Dio entra nel mondo,
lo accoglie così com’è e la sua bontà lo
conduce a nuova speranza.
Questo Natale sia per tutti noi la manifestazione,
abbagliante e straordinariamente
consolante, della forza di un Dio
che ci ama coinvolgendoci in un cammino
di conversione, di pace, di novità, di
gioia. E così, con la grazia che viene
dall’alto, daremo fiducia al mondo.