Nel cicaleccio assordante che dilaga, dalla mia torre del silenzio, osservo l’inarrestabile declino, prima che sociale, politico ed economico, culturale ed etico del Paese. La sbandierata libertà individuale e i conclamati diritti correlati esprimono l’assenza concettuale di un’appartenenza e perciò il rifiuto di qualsiasi limitazione temporale, dovuta in questo tempo alla pandemia, di alcuni diritti civili a favore del benessere comune. Questa libertà libertaria, anarchica, violenta, oltraggiosa per molte espressioni e azioni, è inconcepibile in una comunità umana strutturata su cardini certi. Il richiamo, insulso e improprio alla Costituzione di cui si evidenzia l’ignoranza anche dell’animus, è la manifesta prova di un Paese allo sbando, senza radici e senza orizzonti; privo di memoria, di tradizioni, di cultura, soprattutto mancante di senso etico e di servizio allo Stato.
Colpevoli, in primis, sono la famiglia e la scuola, i due capisaldi sociali e culturali che una ideologia politica imperante ha voluto annientare in nome di una libertà fumosa e velleitaria e di una uguaglianza giacobina. Come docente ho assistito, sgomenta e impotente, dagli anni ’70 del ‘900, al progressivo impoverimento dei contenuti culturali, a una lettura faziosa della storia umana, allo svuotamento dell’impegno di studio del discente grazie a norme legislative miranti a ridurre i programmi, la qualità degli apprendimenti e conseguentemente le capacità cognitive dei giovani. Peggio ancora è stata la cancellazione di qualsiasi richiamo disciplinare e il divieto di correggere comportamenti violenti, offensivi e indisciplinati.
Divenuta sede di chiacchiericcio sociologico e di politicizzazione sinistroide, l’istituzione scolastica italiana ha mostrato la sua valenza culturale nelle prove Invalsi del 2021, con risultati “terrificanti”. La sgangherata petizione di molti studenti, avanzata in questi giorni al ministro della Pubblica Istruzione per abolire definitivamente le prove scritte dagli esami di maturità per “evitare lo stress”(!) è espressione inequivocabile della serietà e del desiderio di conoscenza dei nostri giovani. La nostra scuola, dunque, non è in grado di sopperire ai vuoti educativi, sociali e morali della famiglia in totale dissoluzione fra separazioni, divorzi, battaglie legali, famiglie allargate e omosessuali, peggio ancora, nella definizione di gender al posto di “madre e padre”.
Cosa si vuole far passare... che non esiste certezza e definizione sicura in nessun ambito, neanche in quello anatomico? Che tutto è fluido, anonimo, massa gelatinosa e amorfa? Nel mondo del continente digitale le identità costruite attorno alla famiglia, all’appartenenza a una comunità locale, alla religione e al genere sessuale non vengono più ereditate, ma messe in discussione e addirittura pretendono di “essere scelte”. I rapporti tra gli uomini e le donne si sono perciò caricati di ansia, della paura di essere dominati e manipolati, di accuse e di rifiuti. La vita contemporanea risulta, in realtà, segnata da un profondo dualismo di mente e di corpo in cui il corpo viene considerato con ambiguità, disprezzato o adorato, ma più generalmente avvertito con disagio per la propria dimensione “animale”.
La pedagogia e la psicologia, da sempre, hanno sottolineato la necessità dell’exemplum, del modello credibile di valori umani, etici, sociali, culturali da trasmettere e proporre al cucciolo umano, soprattutto negli anni formativi dell’adolescenza e della pubertà. La certezza della diversità di genere, di ruolo e di funzione, è la stella polare nel processo formativo umano, sociale e sessuale del ragazzo. Devono essere banditi messaggi equivoci e confusi, per agevolare la corretta visione della complementarità di genere. ANGELA FRATTO LILLO.
Per motivi di spazio ho dovuto ridurre notevolmente la lettera. Spero di aver lasciato i concetti più importanti, che possono indurre tutti alla riflessione e al dibattito. Condivido il fatto che i cambiamenti nella famiglia e nella scuola, due capisaldi sociali e culturali, anche sul fronte educativo, hanno causato tutta una serie di problemi che ci portano a pensare che il mondo sia sempre più allo sbando. Che anche l’Italia abbia smarrito le sue radici, la sua cultura, l’etica stessa. La domanda da porci, anche in quanto cristiani, è che cosa possiamo fare. Non basta sognare un ritorno al passato, che peraltro non era così roseo come magari lo immaginiamo, pieno com’era di ingiustizie sociali, pervaso da una mentalità violenta che ha por-tato a due guerre mondiali. Non basta nemmeno lamentarsi di ciò che a nostro parere non va. Dobbiamo piuttosto testimoniare, con l’esempio e gli stili di vita, che è possibile un mondo diverso, più fraterno e solidale, dove l’idea di libertà è strettamente legata all’amore e al rispetto per l’altro. Di questa testimonianza c’è bisogno, a partire dalle famiglie cristiane e da chi ha una responsabilità educativa.