Più gentile della solitudine di Yiyun Li (Einaudi) è un romanzo raffinato, adatto a palati fini, che indaga sul tema della memoria e su come un rapporto irrisolto con il passato infici irrimediabilmente il presente. Tanto sul piano personale, quanto su quello comunitario-storico.
Siamo in un sobborgo di Pechino, nel 1989, pochi mesi dopo il massacro di Piazza Tienanmen. Ruyu, un'orfana adottata da due prozie, arriva in città per studiare. Viene subito accolta da Moran e Boyang, amici d'infanzia, mentre Shaoai, di qualche anno più vecchia di loro, manifesta apertamente la sua contrarietà ad ospitarla nella casa dei genitori e a condividere il suo letto con lei.
Ruyu è una ragazza dura, anaffettiva, educata dalle prozie a mettere da parte i sentimenti e a inseguire con determinazione i suoi progetti. Shaoai la affronta di petto, ammonendola che la repressione politica è un fatto che riguarda anche lei, di fronte al quale non può semplicemnete mostrarsi indifferente; Boyang, spigliato e concentrato su se stesso, finirà per innamorarsene; Moran, buona e ingenua, pur soffrendo per il sentimento del suo amico, continuerà a voler bene a tutti i suoi amici.
Ormai però l'equilibrio esistente prima del suo arrivo non esiste più. Intanto, Shaoai viene cacciata dall'università per la sua opposizione al regime, venendo condannata a un futuro senza lavoro e di emarginazione. Poi, durante una visita al laboratorio universitario di chimica dove insegnano i genitori di Boyang, Ruyu ruba delle sostanze, vista da Moran. Pochi giorni dopo, Shaoai si ammalerà gravemente.
A questo piano temporale, che ricostruisce il passato dei protagonisti, se ne alterna un altro, nel presente. Shaoai, 21 anni dopo, è ancora in coma. Unico a essere rimasto a Pechino, Boyang è diventato un immobiliarista rampante, divorziato, che si intrattiene con giovani ragazze. Moran è emigrata negli Stati Uniti, dove conduce una vita invisibile fra lavoro e solitudine, soprattutto dopo la fine del matrimonio con il dolce Josef. Anche Ruyu è finita negli Stati Uniti, in un angolo lontano da Moran, e, lasciatasi alle spalle due matrimoni, svolge dei lavoretti per mantenersi.
Il nesso fra questo presente anonimo, inconcludente, fallimentare dei tre protagonisti con il loro passato si dipana pagina dopo pagina: il misterioso segreto dell'avvelenamento di Shaoai impedisce loro di avere una vita serena, il passato irrisolto si traduce in un presente inconsistente e insensato. Chi ha avvelenato la ragazza? Che cosa successe in quei giorni che cambiarono le loro vite? Nessuno conosce fino in fondo la risposta e chi è più vicino alla verità ha le sue ragioni - oggi così come allora - per tacere.
Tradire la memoria, illudersi di edificare un presente fondato sul nulla, però, non porta certo alla felicità.
Le vite dei tre protagonisti ne sono la prova: i loro giorni assomigliano alla lunga attesa della fine, a una sospensione, a una vita non vissuta. (Forse solo Moran, il personaggio più positivo, nonostante la sua fragilità, troverà alla fine la voglia di reagire a un destino già scritto e di provare a legarsi e ad amare). E il discorso non vale soltanto su un piano individuale ed esistenziale, ma anche in quello collettivo e storico: a che cosa porta fingere che il massacro di Piazza Tienanmen - qui simbolo di uno Stato che nega la libertà e usa la violenza - non sia mai accaduto? Può nascere un Paese forte e libero dall'oblio? Senza fare i conti col passato, si sceglie un presente vuoto e senza senso.
Nata a Pechino nel 1972, trasferitasi negli Stati Uniti nel 1996, Yiyun Li si è laureata in Medicina, prima di scoprire la sua vocazione letteraria. Dell'autrice Einaudi ha pubblicato anche Mille anni di preghiere e I girovaghi, che hanno ottenuto vari riconoscimenti. Per The New Yorker, è fra i 20 migliori scrittori americani con meno di 40 anni.
Da parte nostra, diciamo che Più gentile della solitudine è un romanzo sofisticato, stimolante, che piacerà ai lettori più esigenti e un po' meno a quelli che inseguono un facile intrattenimento.