Il destino politico dello sport, in Italia è quello di essere figlio di tutti e di nessuno, in un paese ultimo in Europa, in quanto ad ore di ginnastica a scuola. Nel dopoguerra, un illuminato presidente, come Giulio Onesti, garantì l’autonomia dello sport dalla politica con il Coni, finanziato dal Totocalcio.
Ma un conto è una autonomia dorata, fino a quando il Totocalcio ha prodotto miliardi di lire, e un conto è essere abbandonati a se stessi, quando la schedina ha smesso di funzionare. Le competenze sullo sport sono state affidate al Ministero per i beni e le attività culturali fino al 2006, quando il secondo governo Prodi ha creato un apposito dipartimento della Presidenza del Consiglio.
Di fatto, è un Ufficio per lo sport ad occuparsi della materia, e la delega per lo sport, per un anno, è stata di competenza di Graziano Del Rio, ma nello scorso aprile è passata direttamente nelle mani di Matteo Renzi. Ora, la situazione non è facilmente decifrabile, perché i pessimisti sottolineano che la delega è sostanzialmente vacante, e questo non è un dato, che può confortare.
Gli ottimisti, al contrario, ricordano che Renzi, al momento di autoassegnarsi la delega, parlò chiaramente della prospettiva di un Ministero dello sport, atteso da decenni, anche nel nostro paese. Se un tempo era meglio che lo sport fosse autosufficiente, ora sarebbe meglio che non lo fosse, perché, nel frattempo, i dirigenti non hanno sempre dimostrato di sapere gestire scandali più grandi di loro.