Gentile Direttore, le propongo una mia riflessione sul Sinodo, a partire da tre passaggi del Messaggio ai presbiteri, ai diaconi, alle consacrate e consacrati e a tutti gli operatori pastorali, inviato dalla Cei il 29 settembre scorso. Il primo riguarda la natura della Chiesa ed è tratto dalla riflessione di papa Francesco sul Sinodo nell’incontro con i fedeli della Diocesi di Roma del 18 settembre scorso: «Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione».
L’altro passo è tratto all’incipit della Costituzione conciliare Gaudium et Spes: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore». In queste righe il Messaggio della Cei vede «racchiuso il significato del cammino sinodale, perché vi è concentrata la natura della Chiesa: non una comunità che affianca il mondo o lo sorvola, ma donne e uomini che abitano la storia, guardando nella fede a Gesù come il salvatore di tutti e pellegrinando insieme agli altri con la guida dello Spirito, verso la meta comune che è il regno del Padre».
E, infine, il terzo passaggio è riguardo all’ascolto, che «non è una semplice tecnica per rendere più efficace l’annuncio, ma è esso stesso annuncio, perché trasmette all’altro un messaggio balsamico: «Tu per me sei importante, meriti il mio tempo e la mia attenzione, sei portatore di esperienze e idee che mi provocano e mi aiutano a crescere». Ascolto della parola di Dio e ascolto dei fratelli e delle sorelle vanno di pari passo.
L’ascolto degli ultimi, poi, è nella Chiesa particolarmente prezioso, poiché ripropone lo stile di Gesù, che prestava ascolto ai piccoli, agli ammalati, alle donne, ai peccatori, ai poveri, agli esclusi. GINO, DIACONO DI VENEZIA
Caro Gino, le tue considerazioni (che ho dovuto ridurre per motivi di spazio), al confine tra teologia e spiritualità, ci richiamano a una verità iscritta, come dici tu nel prosieguo della tua lettera, nella natura intima della Trinità, la cui solennità abbiamo celebrato domenica scorsa. I primi autori del dialogo e dell’ascolto reciproco sono le tre persone divine, che in tale dinamica esprimono il massimo grado dell’amore: «Tu sei per me importante, ti amo».
Questa dinamica è anche la base fondamentale dell’umano, essendo stato l’uomo creato a immagine della Trinità. Essa è iscritta, in potenza, in ogni relazione e, quindi, anche nella Chiesa. Questa capacità di ascolto la contempliamo anche nel modo di agire di Gesù che ricaviamo dai Vangeli. Egli, prima di parlare o guarire, ascolta cosa ha da dire il suo interlocutore. Pensiamo all’incontro con la Samaritana, al cammino fatto insieme ai discepoli di Emmaus dopo la risurrezione o alla guarigione del cieco di Gerico. E pensiamo alla nostra esperienza personale quando gli parliamo e ci sentiamo ascoltati, anche se non sempre esauditi nelle forme che vorremmo.
Assumere gli atteggiamenti di Gesù, metterci in una postura di vero ascolto, è la base del cammino sinodale che la Chiesa ha intrapreso e che chiede ai suoi figli, a ciascuno di noi. Per seguire questo percorso di sequela occorre un cuore “circonciso”, un cuore che sia passato per le strettoie della Pasqua, che sia transitato per la “morte di sé”, del proprio pensiero e attitudine autoreferenziali, tipici dell’uomo naturale, per approdare al “decentramento da sé”, frutto e anticipo della risurrezione del Signore. Questo modo rinnovato di guardare alla realtà, meta di un cammino che ciascuno è chiamato a raggiungere per sentieri diversi su cui ci guida lo Spirito, ci fa, proprio come Gesù, guardare ai pregi e alle cose positive di ogni nostro interlocutore piuttosto che ai suoi limiti e difetti.
È una tappa fondamentale del nostro pellegrinaggio terreno, che anticipa dentro di noi la bellezza del Regno di Dio e che si espande nelle nostre relazioni creando la vera gioia. Il cammino sinodale è l’espressione comunitaria nell’oggi della Chiesa di questo sogno di Dio per tutti noi