Stimatissimo direttore, abbiamo compreso quanto siamo fragili, che basta un virus per mettere in subbuglio le nostre certezze, le nostre abitudini e le nostre attività quotidiane. «Veramente siamo noi polvere et ombra » (Petrarca). Siamo deboli, ma pur sempre amati dal Divin Maestro, nostro baluardo e nostro rifugio. Quanto mi piacerebbe ascoltare, nel corso della giornata, il suono delle campane delle nostre chiese, come un’esortazione a pregare per questa tragica situazione, che l’Italia sta vivendo con angoscia e disperazione. Le campane sono la voce del villaggio: villaggio senza campane, villaggio senza voce. Esse rappresentano la voce del Signore: un invito alla preghiera. Il loro suono ti fa tornare sereno l’animo e il dolore-tristezza si scioglie in sollievo. Questo dolce suono ha affascinato e richiamato l’attenzione di intere generazioni per secoli. Ha contrastato il grande silenzio che avvolge il Creato e infonde nei mortali la sensazione di sentirsi vivi e protetti.
FRANCO PETRAGLIA - Cervinara (Av)
Le campane sono anche un sistema di comunicazione a distanza degli eventi, belli o brutti, che avvengono nel paese o nel quartiere. Ad alcuni danno fastidio, perché magari disturbano il loro sonno. Ma forse in questi tempi di pandemia tutti ne stiamo riscoprendo il valore o ne sentiamo la nostalgia. Oggi, purtroppo, spesso ricordano le persone che muoiono, magari da sole, senza il conforto dei propri cari. I rintocchi sono allora un invito a unirsi in preghiera, perché il Signore accolga tutti nel suo abbraccio misericordioso