Non è la prima volta che l’Irlanda ospita un evento ecclesiale di livello mondiale, ma questo Incontro Mondiale delle Famiglie è certamente una grande occasione di riflessione, non solo per la Chiesa irlandese, ma per l’intera nazione. Guardando qua e là nei notiziari televisivi e sulla stampa locale (che giustamente dedica grande attenzione all’arrivo del Papa), emergono due principali nodi: il grave – e già conclamato - tema degli abusi sessuali e della gestione dei minori negli istituti da parte di religiosi, e il più ampio tema della “modernizzazione” e “laicizzazione” del Paese.
Sul primo punto tutti, e non solo in Irlanda, attendono parole chiare e forti da papa Francesco, che finora non le ha mai fatte mancare. La stessa Chiesa irlandese, nei toni degli interventi dei suoi pastori, nell’agenda pastorale, nei suoi documenti, appare già saldamente e irreversibilmente in un cammino di perdono, di conversione radicale, di rinnovato dialogo con le vittime (anche se le polemiche, in questo ambito non mancheranno). Del resto è del 2010 la ‘Lettera ai cattolici d’Irlanda’, scritta da Benedetto XVI sul tema, invitando ad affrontare questa intollerabile colpa con coraggio e senza reticenze. Si percepisce una grande aspettativa, su questo doloroso argomento, affinché l’arrivo e le parole di Papa Francesco diano ancora più coraggio e concretezza ad un impegno di conversione e di pentimento. E l’attesa è grande, soprattutto dai “non credenti”, anche in Irlanda.
Il secondo aspetto, la cosiddetta “modernizzazione” e connessa secolarizzazione, , è stato giocato in un “gioco di specchi” tra l’Irlanda (e la Chiesa d’Irlanda) della precedente visita di Giovanni Paolo II, nel 1979, e quella che papa Francesco incontrerà oggi. Anche in questo caso servizi televisivi, approfondimenti giornalistici, che confrontano un Irlanda “tutta cattolica”, quarant’anni fa, che festeggiava l’incontro con il vigoroso magistero di Giovanni Paolo II (carismatico ed energico, ad appena un anno dalla sua elezione), con un Paese che oggi ha introdotto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, sta rendendo più facile l’aborto (con un referendum, quindi con un voto popolare, e non solo con un intervento legislativo delle élites), e in cui la pratica religiosa, pur ancora prevalente, mostra oggettivi segni di diminuzione e indebolimento. Riflessioni più sociologiche che pastorali, più politiche che spirituali, che però evidenziano la grande sfida che la Chiesa d’Irlanda si trova a dover affrontare: testimoniare la propria esperienza in una società che non la considera più né indispensabile né tantomeno “socialmente condivisa”. Del resto tutta l’Europa (Italia compresa) ha attraversato o sta attraversando la stessa transizione, e la sfida è la stessa: testimoniare una fede non per una tradizione ricevuta e carica di consenso sociale, ma per una rinnovata e convinta convinzione personale, anche contro il “politicamente corretto”.