Abdul Aziz ibn Abdullah, Gran Muftì dell'Arabia Saudita.
Qualche giorno fa, un autorevole quotidiano italiano ha pubblicato un articolo in cui si sottolineava l'intervento contro l'Isis di Abdul Aziz ibn Abdullah, Gran Muftì dell'Arabia Saudita, come uno dei gesti che dimostrano la "rivolta" dell'islam tradizionale contro l'esercito del terrore che infesta la Siria e l'Iraq e minaccia le minoranze non islamiche, prima fra tutte quella cristiana.
In questo apprezzamento, purtroppo, c'è tutto il macroscopico errore che l'Occidente ha fatto e continua a fare in Medio Oriente. Il Gran Muftì Abdul Aziz è la massima autorità religiosa dell'Arabia Saudita, dove la religione di Stato è l'islam nella sua versione wahabita, la più chiusa e autoritaria di tutto il mondo islamico. Il Gran Muftì è colui che emette le fatwe, le sentenze con cui si stabilisce ciò che è lecito e ciò che è proibito.
Nel 2013, è vero, Abdul Aziz ha emesso una fatwa contro gli attentatori suicidi, definiti "criminali". Ma nello stesso anno ha decretato la distruzione di una serie di statue di cavalli, perché contrarie alla legge islamica; nel 2012 ha sentenziato che il matrimonio forzato delle bambine di 10 o 12 anni è perfettamente lecito; nelo stesso anno ha dichiarato che tutte le chiesa della Penisola Arabica dovrebbero essere distrutte.
Se a questo aggiungiamo che l'Arabia Saudita ha sempre finanziato tutte le forme dell'estremismo islamico attive nel mondo, dai guerriglieri ceceni ai talebani fino all'Isis dei primi tempi, possiamo capire quale grottesco errore stiamo facendo. Errore ancor più clamoroso perché presenta due altri risvolti, questi sì profondamente contrari alla nostra idea di religione. Il primo è non capire che questa presa di posizione non è religiosa ma politica. Cioè, che il Gran Muftì qui si fa solo voce del re che, dopo aver aiutato l'Isis a decollare, ora teme che il contagio infetti anche il suo regno e si affretta a combatterlo, anche a costo di grottesche capriole. Il secondo risvolto è questo: perché dare dignità a un'idea della religione usata come mero braccio del potere politico?