Attenzione ai pericoli della disidratazione. Tutti sanno che l’acqua è l’elemento prioritario per la sopravvivenza animale e vegetale ma pochi sanno che bastano perdite modeste del patrimonio idrico a causare un calo del rendimento fisico e con l’aggravarsi del deficit anche problemi metabolici e cardiocircolatori di crescente gravità. Detto questo e assolto il dovere di responsabilizzare tutti sulla prevenzione (quando si avverte il desiderio di bere la disidratazione è già iniziata, specialmente nei bambini e negli anziani), va precisato che il patrimonio di acqua può essere reintegrato in parte con una più accorta scelta dei cibi.
Un vegetariano o chiunque sia abituato a consumare abbondanti porzioni di verdure e frutta ingerisce più acqua di chi predilige cibi secchi o stagionati. Alcune frutta estive, come il melone o il cocomero, contengono il 95% di acqua; le fragole circa il 90% ma le verdure non sono da meno: peperoni, pomodori, finocchi, funghi, broccoli, carciofi, radicchio, cicoria -per citarne solo alcune- contengono non meno del 90% di acqua, adeguatamente mineralizzata da madre natura. Vorrei accennare, però, al “rischio” di un consumo esagerato non di semplice acqua ma di bevande più o meno dolcificate! Al riguardo sono state formulate anche delle vere e proprie linee guida (negli Usa dal Beverage Guidance Panel), sia per l’obiettivo primario di informare sull’essenzialità dell’acqua, sia per l’apporto calorico più o meno “nascosto” in alcune bevande, preferite dai ragazzi.
In Italia un gruppo di esperti, tra cui il sottoscritto, ha adattato queste raccomandazioni alla nostra realtà ricorrendo alla nota rappresentazione grafica della piramide (La Piramide dell’acqua, ADI-Magazine, 2011,2;105-115) che ben si presta a sottolineare la diversa frequenza e importanza d’uso fra le principali bevande. La comune acqua potabile occupa, ovviamente, la base della piramide con la proposta di un consumo di circa 5 bicchieri (più o meno un litro) su un totale giornaliero di liquidi che dovrebbe oscillare da un litro e mezzo a due litri/die. Al secondo livello della piramide si trovano i centrifugati, le spremute e i succhi non zuccherati. Nei ripiani più alti, perciò da usare in quantità ulteriormente decrescenti, sono state relegate, le bevande addizionate di zuccheri o idrosaline per lo sport e al vertice altre bibite non alcoliche ma troppo ricche di stimolanti, come la caffeina e i cosiddetti “energy drink” particolarmente ricercati dai giovani. Alcuni Paesi hanno proibito, nelle scuole, i distributori automatici di bevande ad alto contenuto di zuccheri o comunque dolcificate, ma il tema degli zuccheri semplici (così si chiamano i monosaccardi e i disaccardi, per distinguerli dalle molecole complesse dei carboidrati amidacei a più lento assorbimento) resta controverso per l’entità delle sollecitazioni metaboliche e ormonali. Non va neppure trascurato il fatto che gli interventi autoritari, senza le contemporanee campagne educative, ridestano non di rado degli atteggiamenti controproducenti tra gli adolescenti. Purtroppo la pubblicità e i mass media sovrastano gli sporadici sforzi educativi della scuola e condizionano i consumi alimentari con promozioni contrastanti, in favore o contro diete iperproteiche o vegetariane, sul ruolo del cibo biologico o sul rigetto preconcetto degli Ogm. Ma, almeno sull’utilizzo degli zuccheri semplici e dei limiti entro i quali possiamo considerarli innocui sarà bene tornare, perché il saggio monito di Paracelso insegna che in alimentazione “è la dose che fa il veleno”.