Ursula von der Leyen sceglie la grinta di Bebe Vio, plurimedagliata campionessa paralimpica, meraviglia delle meraviglie, come simbolo «di una rinascita contro ogni aspettativa. Di un successo raggiunto grazie al talento, alla tenacia e a un’indefessa positività». Per la leader europea la schermitrice è «l’immagine della sua generazione: una leader e una sostenitrice delle cause in cui crede, che è riuscita a raggiungere tutto questo rimanendo fedele alla sua convinzione secondo cui, se sembra impossibile, allora si può fare». Bebe dunque è la testimonial del nuovo corso dell’Europa, e c’è da esserne fieri, perché Bebe, particolare non irrilevante, è italiana, italianissima. Ma come sarà questo nuovo corso?
Lo ha illustrato Ursula nel suo secondo discorso sullo stato dell’Unione europea ieri a Bruxelles, dopo aver condensato quanto è stato fatto nell’ultimo anno. L’Unione è rinata dopo anni di scetticismo e delusioni proprio grande alla lotta alla pandemia (più del 70 per cento degli europei è vaccinato due volte), in cui ha dato il meglio di sé stessa. «Quando sono venuta qui dinanzi a voi dodici mesi fa non sapevo ancora quando o addirittura se avremmo potuto avere un vaccino efficace contro il virus. Oggi, invece, nonostante le tante voci critiche, l’Europa è leader a livello mondiale». Non solo, ma l’Europa è stata l’unico organismo statale a condividere la produzione dei sieri con il resto del mondo, consegnando oltre 700 milioni di dosi in più di 130 Paesi.
Ma la vera novità è l’entrata dell’Unione nello scacchiere militare internazionale. Con il presidente francese Macron la von der Leyen (che tra l’altro è stata ministro tedesco della Difesa) condividerà un summit dedicato proprio a un apparato di difesa europea. L’unione integrerà gli apparati degli Stati membri per costituire un suo esercito. Ed è davvero un’iniziativa storica, dopo 75 anni in cui, come si diceva della Germania, era un nano sul piano politico e un gigante in economia. Sarà un’operazione complessa e per nulla semplice: immaginatevi le sovrapposizioni con la Nato (anche se la presidente della Commissione sparge miele e parla di “dichiarazione congiunta” entro l’anno con l’alleanza atlantica). L’Afghanistan in questo senso ha segnato una svolta. La forza di un potenziale esercito europeo è notevole è la pone tra i protagonisti del grande gioco internazionale insieme a Usa, Russia e Cina. Anche se ha perso il suo contingente più forte, quello inglese, dopo la Brexit. E possiamo stare certi che il ruolo dell’Italia sarà notevolissimo, vista l’esperienza sul campo in missioni di questo genere, avviate con il contingente del generale Angioni nel 1982 in Libano. Come è noto la competenza militare del nostro Paese nel mondo è dovuta, oltre che alla professionalità dell’esercito, anche al particolare approccio con le popolazioni locali. Approccio che tra l’altro ha contribuito a metterci al riparo dagli obiettivi del terrorismo islamico internazionale.
Naturalmente il discorso della leader europea è stato più ampio ed è andato dai semiconduttori ai migranti, a una centrale comune dell’intelligence, fino alle riconversioni ambientali dell’industria europea e a una disciplina fiscale sempre più omogenea (a scapito di Olanda, Irlanda e degli altri paradisi fiscali che conducono il dumping delle tasse). E naturalmente il Recovery Plan. Un progetto molto ambizioso quello illustrato da Ursula, ma che segna una pietra miliare nel piano della costruzione europea, voluta da De Gasperi Schuman, Monet e Adenauer per assicurare al vecchio Continente caratterizzato da infinite guerre un futuro di pace.